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dalla redazioneUn sogno lungo una vita
02/06/2005

PIACENZA - GENOA

Stadio L.Garilli

Domenica 5 giugno

ore 20.30

Arbitro: Massimiliano Saccani

Guardialinee: Fabrizio Babini e Alessandro Lion

Quarto uomo: Lorenzo Spadaccini

Non è certo una partita come Piacenza-Genoa, che possa risvegliare nell’animo del genoano grandi emozioni.
Con rispetto parlando, per una squadra col blasone della nostra, sono  ben altri gli incontri che hanno importanza, perché capaci di riportare alla mente l’eco di antiche sfide, ricordate ancor oggi per aver fatto la storia del calcio italiano nei suoi primi cinquant’anni di vita.
Ma “questo” Piacenza-Genoa ha uno spessore particolare, perché si tratta della partita che potrebbe dare al Vecchio Grifone, l’ottava promozione in serie A della sua storia. Nona in assoluto, se si considera anche quella dalla C alla B del 1971.

 


Nove promozioni, conseguenti a nove retrocessioni: cioè tante retrocessioni quanti i nove scudetti vinti.
Il che, per una sorta di simmetria insita nei numeri (che, come si sa, sono di origine divina), significherebbe che, avendo eguagliato con le nove retrocessioni, i nove campionati vinti, una volta tornati in A, per un po’ dovremmo stare tranquilli.
Almeno fino alla vittoria di un altro campionato, quello che ci darebbe la Stella.

Di queste nove promozioni (ammesso che vada in porto quella di quest’anno), io ne ho visto e vissuto otto.
Le ricordo tutte una per una, ma non tutte con la stessa forza.
Non tutte le promozioni, infatti, sono state sofferte allo stesso modo.
Quella del 1961-62, per esempio, era stata trionfale.
Siamo partiti in testa e a metà campionato avevamo già un piede e mezzo in serie A, dove siamo stati promossi a fine campionato, con ben 11 punti di vantaggio sulla seconda.
Diversa invece la storia della mia prima promozione, quella del 1952-53 (seconda per il Genoa), ottenuta dopo un lungo testa a testa  col Legnano.
La partita decisiva arrivò il 3 maggio del 1953, da giocarsi a Monza, a quattro domeniche dalla fine.
Avrei pagato chissà che cosa per poterci essere.
Ma ero troppo piccolo, e così neanche a parlarne.
Rimasi attaccato alla radio finché non arrivò la lieta novella: vittoria per 1-0, su autorete di Magni, e promozione assicurata.
Il Genoa ritornava in A, la mia gioia era alle stelle, e non avrei mai immaginato che quello sarebbe stato solo il primo di una lunga serie di momenti così.
Al martedì comprai il Calcio Illustrato e vi trovai una pagina tutta dedicata al Genoa, con un titolo che ci rendeva onore: ”Matricola della A un Genoa sessantenne e glorioso”.
E poi seguiva in grassetto l’elenco delle nostre glorie: “Nove volte campione d’Italia (solo la Juve aveva 9 scudetti come noi), detentore della più lunga serie di partite senza sconfitte in campionato (33), 202 volte fornitore di giocatori alla nazionale….”.



Il Genoa del 1953


Per altre sei volte (dimenticandoci per un attimo del campionato in corso), avrei esultato, nel corso dei decenni, per una promozione del Vecchio Grifo.
Ma curiosamente non è questa gioia che oggi mi torna alla mente, in questi giorni di attesa prima di partire per Piacenza.
Mi prende, invece, una sorta di malinconia e di speranza per un sogno di infanzia che mai si è realizzato.
Ad ogni promozione, infatti, il sogno di ogni genoano, e mio personale, è sempre stato quello di ricominciare in serie A, con una squadra forte, capace di rinverdire le antiche glorie.
Perché il genoano, per quanto possa fare dichiarazioni improntate alla sobrietà e perfino alla modestia, in realtà porta nel cuore un grande sogno: quello di rivedere il Genoa competere con le grandi per vincere il campionato.
E passassero anche mille anni, continuerà a covare quel sogno, che viene tramandato da una generazione all’altra, dai padri ai figli.
Ricordo perfettamente il mio sogno dopo la mia prima promozione, nel 1953.
Avevo tredici anni e frequentavo, sia pure saltuariamente, per questione di costi, la gradinata Nord.
Compravo il Calcio Illustrato tutti i martedì e lo leggevo avidamente per un’intera settimana, fino a saperlo a memoria.
C’erano in quegli anni splendide corrispondenze dal  Sudamerica di Oreste Bomben, che io leggevo  sempre e che mi infiammavano la fantasia, perché parlavano di giocatori da favola,  i cui nomi avevano un fascino irresistibile.
Tra questi ce n’era uno, un fuoriclasse chiamato Sanfilippo, che giocava nel San Lorenzo de Almagro, un nome che sa di calcio e di letteratura, e che per qualche tempo, ad ogni campagna acquisti veniva associato al Genoa.
Per anni immaginai Sanfilippo in maglia rossoblù sconfiggere, con i suoi gol da favola, le grandi del calcio italiano.
Ma il tempo passava e Sanfilippo non arrivava mai.
Nel frattempo era arrivato Abbadie, un altro mito del calcio suadamericano di quegli anni e piano piano si offuscò in me il ricordo di  Sanfilippo, affascinato come ero dal grande uruguagio di Montevideo.



José Francisco Sanfilippo

Ma un dubbio, a dire il vero, continuò a  perseguitarmi, per anni e anni: quel famoso Sanfilippo, che, per il solo fatto di essere stato trattato dal Genoa, era diventato da subito, nel mio immaginario di adolescente, un idolo, era stato davvero un fuoriclasse?
Finirono i mitici (per me) anni '50 del grande cinema americano e del rock'n'roll.
Arrivò, a sorpresa, il '68 a sconvolgere il mondo, e poi gli “autunni caldi”, a sconvolgere l'Italia.
E il famoso '77 dell'Autonomia, e l'incubo degli anni di piombo.
Calò poi su di noi, inesorabile, il cosiddetto riflusso degli anni '80: il mondo era cambiato due o tre volte, da quegli anni '50 della mia adolescenza, ma di Sanfilippo più nessuna notizia.
Ma io non mi dimenticai mai di lui.
E fu così che nel 2004, cinquant’anni dopo gli anni del Calcio Illustrato, trovandomi a Montevideo dove ero andato per riabbracciare Abbadie, l’idolo dei miei anni ruggenti di gradinata Nord, presi il traghetto per Buenos Aires con un programma ben preciso: vedere la Boca e trovare un libro sul calcio argentino per leggere di Sanfilippo.
Vidi la Boca e la mitica “Bombonera”, commuovendomi non poco, nei negozi di indumenti sportivi, nel prendere in mano le maglie del Boca Juniors con la scritta sul retro di: “Xeneixes”.
E trovai il libro che cercavo in una libreria di Calle Corrientes, “la strada che non dorme”, come era chiamata negli anni ’20, quando Carlos Gardel, il re del tango cantato, era un a leggenda vivente e Buenos Aires una capitale del mondo. E Stabile, l’indimenticabile campione che nel ’30 arriverà a Ponte dei Mille per indossare la nostra gloriosa casacca, cominciava a costruire la sua leggenda coi suoi inimitabili passi da tango e da “filtrador” di aree di rigore.
Lo trovai in una libreria molto bella, non molto lontana dal mitico Café  “Los Immortales”, tempio del tango di inizio novecento.
Cominciai a sfogliarlo e a leggerlo quando ero ancora per strada, prima di tornare in albergo.
Avevo fretta di sapere, dopo una vita che aspettavo, finché trovai le pagine che mi interessavano.
Si, Sanfilppo era stato davvero un fuoriclasse.
Parlavano per lui, in quel libro, i tabellini dei gol fatti: 28 gol nel ’58, 31 nel ’59, 34 nel ’60, 26 nel ’61, risultando per quattro anni consecutivi capocannoniere.
Poi, come commento ad una bella foto che lo ritraeva, una frase che non lasciava dubbi: Sanfilppo, quinto goleador argentino di tutti i tempi!
E come se non bastasse, vengo a sapere che lo scrittore argentino Osvaldo Soriano, in una lettera all’amico scrittore uruguagio Edoardo Galeano, aveva confidato che Josè Sanfilippo era stato l’eroe della sua infanzia
Dunque non mi ero sbagliato : Sanfilppo era stato un grande.…. ma ora sapevo che e se anche fosse venuto a vestire il rossoblù, non avrebbe potuto comunque realizzare il  sogno mio e di tutti i genoani, perché non c'era, nel Genoa, la dirigenza adatta.

 

Ma quel sogno dura tuttora e mi ritorna nitido alla mente ad  ogni promozione.
Questa volta, però, in attesa di Piacenza-Genoa che potrebbe promuoverci matematicamente, qualcosa nell’aria  mi dice, e dice a tutti i genoani, che non sarà una promozione come quelle del passato.
Questa volta c’è un Presidente che ha preso a cuore le sorti del Vecchio Grifo.
E c’è un campione argentino di nome Milito, che indossa quella maglia che a metà dei ’50 doveva essere di Sanfilippo, e che potrebbe guidare il Genoa alla realizzazione del nostro sogno di genoani.
Un sogno lungo una vita.

Franco Venturelli

 



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"Un sogno lungo una vita" | 3 commenti
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Re: Un sogno lungo una vita
di vieux_marcheur il 06/06/2005 23.07

Ringrazio Abbadie56 e ricambio i saluti. In futuro mi riprometto, se mi sarà possibile, di dire qualcosa in ricordo di Stabile.





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