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l'opinione''La linea d’ombra'' di voce sommessa
17/10/2006

 

“Già. Si va avanti. E il tempo, lui pure va avanti; finché dinnanzi si scorge una linea d'ombra che ci avvisa che anche la regione della prima giovinezza deve essere lasciata indietro.”

 

 

 


Può lasciare perplessi l’accostamento della “prima giovinezza” al Genoa.

Ma chi ha detto che la sua cavalcata attraverso il “secolo breve” che fu il novecento debba per forza essere misurata col metro delle nostre effimere vite?

Se immaginiamo gli anni delle vittorie come una felice fanciullezza seguita dall’adolescenza sospesa fra i ricordi ancora vivi di quel tempo e le inquietudini per qualcosa che sembrava sfuggire, ecco che gli ultimi trent’anni possono essere interpretati come una giovinezza difficile, nell’altalena di esaltazioni seguite da delusioni profonde.

 

Così possiamo pensare al Genoa (un mondo con la sua storia, i suoi conflitti, le sue contraddizioni, i suoi vivi e i suoi morti) che arriva a maturare una esperienza più compiuta,  quasi potendo “oggi” ripetere col protagonista di The Shadow Line: “Quegli ultimi diciotto mesi, così pieni di esperienze nuove e variate, mi sembravano uno spreco desolato e prosaico di tempo. Sentivo - come posso esprimerlo? - che non potevo trarne alcuna verità.”

 

Ecco: arriviamo qui al terzo ottobre di vertice dopo diciotto mesi dei quali bisognerà aspettare che qualcuno scriva la storia, tanto sono stati contraddittori e confusi; possiamo proprio dire, con Conrad, che da essi non viene per noi alcuna verità.

 

Questo stato d’animo, che riflette il momento che il Genoa sta vivendo, è quello che separa un prima e un dopo definitivi, irrevocabili.

Anche il Genoa, il nostro Genoa (e noi con lui) in questi ultimi anni convulsi ha sperimentato il tormento delle brezze che si alzavano e cominciavano a gonfiare le vele: “Suscitavano speranze, solo per gettarle nel più amaro disappunto, promesse di avanzata, che finivano in perdita di terreno, si spegnevano in sospiri, e morivano in una muta immobilità in cui erano le correnti a determinare la direzione, la loro direzione nemica.”

 

Oggi i segni ci dicono che stiamo varcando la linea d’ombra, lasciando alle spalle le incertezze di una stagione ancora immatura per cogliere le opportunità offerte dal nuovo che sia pur faticosamente si fa strada e la cui affermazione è comunque la condizione necessaria perché il calcio non arrivi presto alla sua fine.

 

Il primo di questi segni è la Fondazione: la sua carica innovativa e il suo potenziale sono stati percepiti finora in modo insufficiente e le adesioni non sono uscite da una cerchia molto più limitata di quella concretamente accessibile.

Dalla Fondazione passa però il futuro di un Genoa competitivo, e infatti sono proprio espressione di un passato in decomposizione le ragioni dei suoi oppositori.

 

Un secondo segno è la finalmente conquistata autonomia di chi guida la società, grande novità che se confermata dai fatti concilierà le esigenze di una gestione libera da condizionamenti con quelle di una moderna relazione fra chi del Genoa possiede le azioni e chi del Genoa possiede la tradizione e le bandiere.

 

Un terzo segno, importante, è il Genoa Club for Children, che si è presentato come una scuola positiva di “tifo civile” per formare la Nord (e non solo la Nord) di domani incrociandosi (anche questo è un segno) con i più o meno temporanei forfait e le più o meno provocate intemperanze pirotecniche: l’evidente incompatibilità di motivazioni e di comportamenti è forse quello che meglio indica il passaggio di una (benvenuta) linea d’ombra anche nel tifo.

 

Ma il segno che essa sarà stata del tutto attraversata lo avremo quando ci saremo liberati delle ultime paure, suscitate dall’ostilità e dall’arroganza che qui a Genova hanno accompagnato le recenti oscure vicende, qui di seguito appena accennate.

 

La retrocessione pilotata del 2003.

Le interessate interferenze negli affari societari da parte di personaggi ai quali il ruolo avrebbe imposto il silenzio, per mille ragioni tra le quali spicca la decenza.

Le beffarde profezie del primo fra questi personaggi, che già nella primavera del 2005 poteva escludere che nella successiva stagione si sarebbe giocato il derby e che ancora decenza vorrebbe che ne spiegasse le ragioni dal banco dei testimoni, in una delle prossime udienze del processo in corso al Tribunale Penale di Genova nel quale è imputato il presidente del Genoa.

Le imprese della toga blucherchiata, con le rocambolesche iniziative nel campo più esclusivo delle garanzie, la procedura penale, iniziative poi abbandonate ma solo dopo che avevano avuto il loro effetto: il deferimento del Genoa ad una pseudogiustizia neppure capace di celebrare un regolare processo.

L’attacco obliquo al monumento che rappresenta la storia e la tradizione del Genoa: lo stadio intitolato a Luigi Ferraris.

 

Dimenticata la sindrome del complotto, il Genoa sarà finalmente pronto per le sfide della sua maturità proprio quando saprà ragionare freddamente perfino dello stadio, avendo compreso che esso non è un santuario segnato su una mappa ma una categoria dello spirito, trasformando così la devozione ad un totem nell’intransigente difesa di un principio non negoziabile: finché ci sarà il calcio (se ci sarà) il Genoa giocherà a Marassi, a Genova o in una qualunque sperduta galassia in una struttura che sopra il suo ingresso principale avrà la scritta “Stadio Luigi Ferraris”.

 

voce sommessa

 



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"''La linea d’ombra'' di voce sommessa" | 3 commenti
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Stai visualizzando i commenti del giorno 18/10/2006


Everton
di Abbadie56 il 18/10/2006 16.55

condivido. Per questo l'intuizione di Voce mi ha colpito non solo intellettualmente, ma anche emotivamente.

 



[Nessun Soggetto]
di everton il 18/10/2006 08.52

Carissimi e da me stimatissimi voce ed abbadie, ritengo , pur nella mia limitata visione generale, esista gia' oggi la soluzione che rende  possibile una simbiosi compatibilissima tra la necessaria gestione moderna della societa', e la nostra fiera e giusta difesa della storia e le sue reliquie : la soluzione si chiama Fondazione Genoa.

Il solo fatto che una persona l'abbia pensata, realizzata, e cosegnata in dono a tutti noi, mi fa credere che la linea d'ombra sia stata varcata, nella direzione giusta.

Sta a noi proseguire in quella direzione, senza cambi di marcia e senza pericolose inversioni ad u.



[Nessun Soggetto]
di Abbadie56 il 18/10/2006 06.13

 

caro Voce

ho sempre apprezzato la logica sorniona e garbatamente ironica dei tuoi post, ma questa volta mi hai colpito emotivamente. Il romanzo di Conrad da te citato e' uno di quelli che piu'  mi ha affascinato, quando l'ho letto. Conrad non lancia messaggi, non ha velleità di educatore,  non si esibisce in pedanti lezioni di stile di scrittura (difetto che molti dei più venduti oggi hanno), non insegna niente, semplicemente ti mette tra le mani la vita.

Aver scelto questa immagine della linea  d'ombra è stata una felice intuizione, che mi auguro si trasformi in realtà.

Le grandi squadre storiche del calcio italiano e internazionale, hanno superato questa linea d'ombra molti decenni fa. Il Genoa ha un ritardo enorme. Il primo a rendersi conto di questa necessità è stato De Prà nel 1930. Posseggo una rivista dove, in un'intervista, il leggendario portiere dei tempi d'oro, afferma che a cavallo degli anni '30, aveva parlato chiaro ai dirigenti del Genoa, dicendo loro che il calcio stava cambiando (stava appunto uscendo dalla linea d'ombra) e se la dirigenza del Genoa non cambiava sistemi, il Genoa sarebbe sparito dai primi posti della classifica (mi ripeto, l'ho riportato anche nel "Viaggio nella testa di un genoano”)

Noi, mentre gli altri si davano un'esistenza adulta, abbiamo continuato per tutto il dopoguerra a trastullarci con la nostra gloriosa storia (io per primo), con reminiscenze nostalgiche, con ricordi strappalacrime, con frasi a effetto. Tutto bello. Tutto molto popolare, ma nel frattempo abbiamo tradito lo spirito del Genoa dei tempi d'oro, restando prigionieri di un infantilismo nocivo alla squadra e alla società.

Io ormai sono troppo avanti negli anni per uscire da questo schema di genoano legato alla storia e alle tradizioni, e morirò senza uscire dall’infanzia, ma mi rendo conto che ormai non c'è più tempo. O il Genoa diventa adulto, comportandosi appunto da adulto, oppure questa volta sparisce davvero.

Preziosi non è eterno. Non so quanto si rendano conto che se Preziosi dovesse sparire, il Genoa è senza presidente. Chi ci metterà i soldi? Faremo un'altro azionariato popolare? Ma coi costi che ha il calcio  oggi, i soldi delle nostre azioni non baserebbero nemmeno per fare la quarta serie. Verranno i "maniman" per farci tornare una squadra anonima, che vive di giocatori in  prestito, e paga gli stipendi con assegni post-datati, come facevano i presidenti prima di Preziosi? O ci penserà la TO a gestire il tutto? Ma con i soldi di chi?

Diventare adulti, significa prendere atto di come va il mondo. Oggi chi gestisce le squadre di calcio ricava i soldi per la gestione: dagli stadi nuovi, dagli sponsor, dalla pay-tv, dalla vendita di magliette e tutto il resto. Non accettare queste cose è possibile, a patto che chi non le accetta procuri di persona i soldi per la gestione della squadra.  In caso contrario, deve accettare l'idea che la squadra sparisca. Non ci sono altre possibilità. Oggi. Domani non lo so.

Sono anni che si discute sempre di queste cose, e la discussione ormai, più che oziosa è insopportabile. Perchè chi discute di questo, non ha nessuna possibilità di intervenire per modificare qualcosa, salvo non andare più allo stadio. O andarci e sfasciare tutto. Sono due posizioni che rispetto. Anche la seconda (a patto che non ci sia violenza alle persone), pur non essendo io un appassionato della violenza. Perchè sfasciare tutto è sicuramente un modo per far capire quello che si pensa. Poi però, se si vuole andare avanti, bisogna ricostruire, e siamo di nuovo daccapo: chi ce li mette i soldi?  Bisogna mettersi l'animo in pace, dai soldi non si scappa.

Personalmente ho una terza posizione. A me interessa solo il Genoa. Anche più dei suoi tifosi. Mi rendo conto che è un discorso duro,  ma è la verità, perché devo tacerla? Io amo il Genoa. E' per il Genoa che da bambino saltavo la cena, se perdeva, non per le incazzature dei suoi tifosi. Ed è per il Genoa che la sera che hanno venduto Meroni, non sono andato a dormire. De Ferrari era piena di tifosi inferociti, ma dei tifosi a me non fregava niente. Io pensavo al Genoa, che senza Meroni rischiava la retrocessione (che puntualmente avvenne)

Mi interessa relativamente che vengano alleviate le sofferenze dei tifosi per la maglia, per lo stadio, e via dicendo, se questo dovesse imporre, alla dirigenza, di non poter fare la politica oggi richiesta alle società di calcio, per sopravvivere a un certo livello. Avere tutte le nostre "reliquie" esposte come santini, per trovarci poi sempre lontano dal calcio che conta, è una linea esistenziale che io non condivido. Naturalmente questo non vuole dire niente, E' solo il mio punto di vista.  Ma è un punto di vista che è in linea con la tua intuizione di uscire finalmente da una linea d'ombra che ci ha fatto sparire per 70 anni dal calcio che conta.

Io vorrei il Genoa in Europa, al più presto e stabilmente, perchè lo amo da una vita. E tutto il resto mi interessa meno.

 





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