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l'opinione''Sul filo di lana'' di Nemesis
19/03/2007

 

Molti lo pensano, alcuni lo scrivono, quasi tutti lo sperano.

C'è nell'aria il desiderio che l'ultima di campionato, il Genoa-Napoli del 10 giugno, rappresenti il nostro sorpasso per la promozione diretta.

Questa attitudine a giocarsela sul filo di lana non è nuova per il Grifone ma, il confine tra la partita della vita o quella della morte, è un precario equilibrio spesso amministrato dalla sorte.

 

 


Siamo ancora qui a rattoppare i cocci dello spareggio con il Padova, e quando il collante sembrava aver fatto presa, ecco che l'acqua alta di Venezia ci sommerge più di prima e ci manda in prigione senza passare dal via.

Negli anni d'oro, il fatale crocevia determinava gli scudetti; poi, la mediocrità individuò la meta nella salvezza, spesso agguantata per i capelli negli ultimi rantoli di un campionato.

Un giorno, nell'antologia di Spoon River, ci sarà spazio per gli epitaffi rossoblù; si parlerà di Galli, detto Testina d'oro, il cui goal al Bologna nel 1963 ci salvò dalla B condannando il Napoli (toh, ancora lui).

Sarà citato Faccenda, "l'eroe per caso" che sempre a Napoli nel 1982 sfruttò uno strano corner, sufficiente a punire l'ancor più strana rimonta del Milan a Cesena.

Com'è lontana la Pro Vercelli che nel 1922 ci buggerò il titolo nella finale a Marassi, e l'Ambrosiana Inter che nel 1930 divenne campione al nostro posto per un rigore sbagliato dal Genoa (forse Banchero era un parente di Marcolin).

Negli ultimi anni, invece, quasi ogni partita è diventata quella della vita perché, quando si annaspa in rianimazione, basta che un medico distratto o venduto stacchi la spina sbagliata per trovarsi all'altro mondo.

Fra tutti gli epiloghi al cardiopalma, ce n'è uno clamoroso e poco menzionato, forse irripetibile, e per citarlo occorre calarsi nella dimensione degli anni 50.

In quel tempo, in casa mia, il Genoa era il Signor Genoa e aveva il suo posto a tavola, la domenica della trasferta, fra i ravioli di nonna Lina e i panini all'olio che mai dovevano rovesciarsi sulla tovaglia, se no la Madonna piangeva... e il Genoa perdeva, perché la cabala viene da lontano.

Si cominciava alle 14 con il Gazzettino della Liguria, e quando la sigla diffondeva le note del Capriccio di Paganini, ci si radunava tutti per ascoltare "A Lanterna" dove gli sfottò coniugali con la moglie doriana elevavano "Sciö Rattella" (Marzari) a "uno di noi".

Poi arrivava lo Sky dell'epoca, cioè Nicolò Carosio, e la radio a colori Telefunken ci sussurrava le meraviglie di una partita della serie A.

In realtà era solo una scusa per aspettare i risultati parziali delle altre squadre che ogni quarto d'ora venivano aggiornati: era quello l'unico modo per sapere quanto stesse perdendo il Genoa in trasferta, e le invettive di mio padre si scaricavano d'ufficio e al buio sulle sue vittime predestinate: un certo Macor, Piquè, a volte De Angelis, spesso Dal Monte.

Tutto il calcio minuto per minuto era di là da venire e, alla fine della radiocronaca, dopo un po' di musichette varie e l'ennesimo brindisi con Stock84, arrivavano i sospirati finali.

Alla sera, un embrione di Domenica Sportiva ci mostrava 2 o 3 partite. Un cartello con la Mole Antonelliana poteva stare in onda anche 10 minuti prima di spostarsi e lasciar vedere la Juve o il Toro, e poi si passava agli studi di Milano ammirando per 5 minuti la foto del Duomo.

Se il Genoa non era fra le partite prescelte, allora si doveva aspettare il lunedì pomeriggio alle 18 quando, su Telesport, venivano diffuse le sintesi di altre partite di A.

Tutto questo per dire come il calcio si concedesse a piccole dosi, e le attese vibrassero nei vuoti di notizie mentre le immagini erano meteoriti che cadevano all'improvviso, e se non eri lesto a coglierne la scia, dovevi arrangiarti con la fantasia, con i fotoracconti dei giornali, o con le invenzioni di chi diceva di essere stato presente.

Ho riprovato le stesse sensazioni nelle partite del recente Viareggio, dove è sembrato a tutti inverosimile l'impressionante divario fra le moviole che analizzano i brufoli dei calciatori e l'impossibilità di sapere cosa stesse facendo il Genoa contro l'Empoli.

Però ho ritrovato il fascino antico del mistero, del sentito dire, del forse, dell'ignoto, del "chissà come sta andando", e il pur potente Internet è diventato per un giorno una vecchia radio a valvole.

I radiocronisti dell'epoca avevano il privilegio dell'esclusiva, e il mitico "quasi rete" voleva proprio dire quello, consegnando a milioni di ascoltatori l'emozione di un goal mancato per un soffio.

Questa delega in bianco all'inviato di turno è poi crollata miseramente quando "Mai dire goal" sovrappose le immagini alla radiocronaca di Enrico Luzi: praticamente in campo c'era un'altra partita, e lo speaker recitava a soggetto una storia diversa.

Quel 25 maggio 1958, rispettando la consegna, il Genoa si presentava a S.Siro con l’acqua alla gola; una sconfitta negli ultimi 90 minuti di campionato poteva costare la serie B.

Il Milan invece era tormentato dal pensiero del Real Madrid, imminente avversario a Bruxelles per la finale di Coppa Campioni; per questo schierò diversi rincalzi e si mostrò deconcentrato e arrendevole.

Scriveva un cronista dell’epoca: “il Genoa di Frossi, che da catenacciaro aveva quasi perso il campionato, si salvava puntando su quell’attacco che aveva poco considerato”.

Ecco fatto, questa è l'evoluzione della specie: 50 anni dopo, qualcuno accuserà Gasperini del contrario, e infatti Frossi avrebbe preso De Rosa per la collottola sbattendolo fuori squadra per i suoi azzardi offensivi.

Si racconta che l'arbitro abbia graziato il Grifone per un atterramento di Grillo, ma subito dopo Abbadie segnò due reti in 5 minuti.

Fu tutto così semplice che gli abbracci dei compagni furono molto discreti, se non assenti quando Barison segnò il terzo al 36°.

Beraldo, Zannier, Maldini e Bergamaschi non riuscivano ad arginare la leggerezza con cui i rossoblù li puntavano.

Dal Monte e Robotti suggerivano, e De Angelis e Leopardi impegnavano Buffon con tiri ravvicinati.

Al 51° arrivò il rigore per il Milan trasformato da Fontana, ma al 78° e al 82° Barison confezionò la sua tripletta personale.

5-1 a S.Siro rimarrà un risultato storico, nonostante le condizioni favorevoli. Il pubblico rossonero non gradì molto, e ancora non sapeva quel che l’aspettava: 3-2 nei supplementari e Coppa al Real Madrid.

Il Genoa arrivò terz’ultimo, insieme a Samp, Alessandria, Lazio e Spal, e senza quell’ultima fragorosa vittoria avremmo fatto un anno in più di B.

Intanto, la radio spillava le sue carte, lasciandoci ammutoliti: ... "Divisione Nazionale Serie A... risultati finali... a Milano, Genoa batte Milan 5 a 1"... e tutti pensammo che, quel giorno, Carosio avesse bevuto più del solito.

Non ricordo se quella vittoria fu il motivo scatenante, ma il giorno dopo mio padre se ne tornò a casa con un televisore in spalla e la mano anchilosata per le cambiali firmate.

La voce si sparse in un baleno e casa nostra divenne l'ambìto riferimento del condominio, anche se la prima immagine video che rammento è il cartello "la trasmissione sarà ripresa il più presto possibile".

Da lì a un mese però, sullo schermo apparve Pelè, e le sue magie mi convinsero che il Genoa dovesse assolutamente comprarlo, subito, per puntare allo scudetto.

Avevo 8 anni, e mostravo già le prime tracce di un danno irreversibile.

 

Nemesis

 

 



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