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l'opinione''Vita da...pallone'' di Cladem
26/03/2007

 

La mia vita la passo a prendere calci. Non sono tutti uguali, i calci. Ci sono quelli che fanno male, perché sono dati male. Altri non fanno nulla, perché si trasformano in carezze. Sono un pallone da "foot ball", un pallone gonfiato. Ma al punto giusto. Volo, rotolo, rimbalzo e, toccato in fin della licenza, entro in una rete. Qualche volta.

 


Sapeste quali emozioni suscito (il portiere che si incazza con il difensore, il centrattacco che esulta coi compagni, migliaia di persone che si scalmanano e gioiscono, altri che, magari, piangono di rabbia), quando entro in porta: basterebbe, per regolamento, che superassi la linea bianca, ma io preferisco andarle a toccare quelle maglie di corda incrociata. Mi dà più soddisfazione: ho come l'impressione di aver fatto meglio il mio lavoro. Non ho molto tempo da vivere, come protagonista: solo per una domenica, o un sabato -salvo anticipi e posticipi- poi mi portano al campo degli allenamenti. Ho esperienza, ormai, posso addirittura allenare. Un mio trisnonno color cuoio, con le stringhe che nascondevano una curiosa protuberanza, mi raccontava di aver "giocato" per molte partite: ed era una faticaccia, dal momento che, dentro al campo, non c'erano altri "colleghi". E gli toccava giocare giocare per 90 minuti, senza recupero, per fortuna. Entrava in campo portato dalle mani di un curioso personaggio col fischietto in bocca, vestito di nero come se andasse ad un funerale. Poi cominciava a rotolare, correre, preso a calci spesso da veri e propri 'scarponi' con le punte rinforzate: spesso erano calcioni dolorosi e -mi raccontava- lui si vendicava quando lo colpivano di testa, specie dopo una caduta da dieci o quindici metri d'altezza, andando ad impattare sul cranio impomatato proprio con la stringa. Meglio ancora se pioveva: il cuoio zuppo pesava molto di più. Che soddisfazione! Ora queste cose non succedono più: io sono fabbricato con un materiale idrorepellente, cucito a mano, dicono (ma non mi ricordo, quando sono nato ero molto giovane). Non più da bambini, mi raccontano, e ne sono contento. Non ho nemmeno il colore del cuoio: sono bianco con dei disegni sottili rossi e blu; da un lato porto, con una certa soggezione, uno stemma con gli stessi colori divisi a metà ed un curioso animale dorato che si chiama Grifone. Una cosa importante, credo. Tempo fa ho conosciuto un pallone che vive nella mia stessa città, al di la del fiume: ha dei buffi disegni blu -sembrano gemelli siamesi attaccati per la schiena- e non mi sembrava per niente felice. Mi ha detto che gli manca il profumo dell'erba: lo costringono sempre a volare a venti metri dal suolo, sbattacchiato a caso di qua e di la, a distanze siderali, tanto da temere seriamente di volare fuori dallo stadio. Ha anche aggiunto che non vedrà per molto tempo, forse per sempre, l'unico che gli faceva qualche carezza, ogni tanto. "Beato te", mi ha sussurrato nella valvola, "che corri sempre sull'erba; che lavori con giocatori che ti trattano con riguardo (pure troppo, ho pensato io, che vorrei essere sbattuto in tribuna, ogni tanto, dal momento che da 'attrezzo' diventi, sotto sotto, anche tifoso della squadra per la quale lavori), che ti diverti perchè non giri mai a vuoto. Mi sa che vado ai sindacati e faccio sciopero". Poveretto. Io, invece, sono contento.

Cladem

 



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