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dalla redazioneOltre il Cortile
12/12/2007

 

Eloi è uno di quei nomi che mi "costringono" ad intervenire per ricordare che noi genoani troppe volte confondiamo l'esperienza, negativa o positiva che sia, di un giocatore che ha giocato con noi, con la sua carriera.
Caso clamoroso, in questo senso, è quello di Aguilera-Perdomo.
I fatti dicono che Aguilera con il Genoa abbia giocato alla grande e Perdomo invece abbia fallito alla grande.
Ma tutto questo non va confuso con la carriera dei due giocatori, che ribalta quasi la situazione.
Perdomo infatti, che era capitano di una delle squadre più titolate del mondo, il Penharol, e titolare fisso della nazionale, in Uruguay era considerato nettamente di più rispetto ad Aguilera, che in nazionale era solo un comprimario.


 


Con Eloi è accaduto qualcosa di analogo, anche se, per quanto ne sappia io, in nazionale non c'è mai stato.
Nel Vasco de Gama, però, era titolare. E il Vasco è una delle squadre più gloriose e titolate del calcio "carioca".
Il punto riguarda semmai il ruolo nel quale giocava.
Si dà il caso che nel 1988 mi trovassi a Vitoria ES perché l'Azienda nella quale lavoravo stava facendo una consulenza, durata anni, per l'avviamento di uno stabilimento.
In un fine settimana passato a Rio de Janeiro, ebbi un colloquio con un tassista particolarmente loquace, che mentre mi stava portando all'hotel, mi faceva anche la descrizione del percorso.
A un certo punto mi dice: "Questa è la spiaggia del quartiere Flamengo" e poi: "Questa è la spiaggia del quartiere Botafogo".
Al che io, ricordando le famose squadre di questi quartieri, chiedo: "E tu per chi tieni, per il Botafogo o per il Flamenco?".
"Io tifo per il Vasco", è la sua risposta orgogliosa.

Non l'avesse mai detto, gli ho chiesto immediatamente di Eloi. E lui, dimostrando di essere molto informato, mi ha risposto che a Genova avevamo trattato molto male quello che era stato uno degli idoli della tifoseria della squadra per la quale tifava, che lo aveva soprannominato "O Maestro".
Successivamente mi fece un quadro molto negativo dell'ambiente Genoa e mi disse che in Portogallo, Eloi, in una squadra di miglior livello tecnico come il Porto, aveva potuto esprimere le sue qualità, giocando anche nelle Coppe Europee, mentre il Genoa invece giocava in serie B.

Gli chiesi cosa intendesse con l'espressione "miglior livello tecnico" e scoprii che non si riferiva tanto alla tecnica dei giocatori -come io pensavo- ma al modo di giocare della squadra.
E qui è venuta fuori una cosa che io nemmeno immaginavo, perché a quei tempi in Italia, in fatto di moduli tattici eravamo degli analfabeti da catenaccio e contropiede.
Il Vasco ai tempi di Eloi, mi spiegò il tassista, giocava con 4 difensori in linea (parliamo di quasi 30 anni fa, quando da noi il libero "dietro" a tutti era un tabù), 3 giocatori a centrocampo e 3 attaccanti.
Eloi era il centrocampista di sinistra. Era cioè un giocatore da fascia, abile nel far proseguire l'azione che partiva dalla difesa, per arrivare agli attaccanti.

Mi piacerebbe conoscere che cosa ne sapessero nell'ambiente Genoa di tutto questo.
Devo dedurre niente!
Perché in caso contrario non mi spiegherei per quale motivo si pretendesse da lui che facesse il centrocampista o la mezza punta, due ruoli inesistenti nel modo di giocare di quel Vasco.
Ma la cosa che aveva fatto incavolare il tassista nei confronti del Genoa, era il fatto che Eloi fosse stato emarginato anche dallo spogliatoio.
E qui, anche se mi spiace dirlo, ci sono pure forti responsabilità di Simoni, un allenatore che peraltro era e rimane, per me, tra i migliori che abbia visto nel Genoa.
Ma in quel caso ceffò.

Ora io trovo che tutto questo -che casualmente ho toccato con mano- sia molto indicativo del fatto che il Genoa non sia mai riuscito dal dopoguerra ad oggi, a restare stabilmente in A, non dico come le grandi squadre, ma nemmeno a livello di due provinciali come Udinese e Atalanta, le quali, se si guarda solo al calcio del dopoguerra, il Genoa non lo vedono nemmeno.
Ma Atalanta e Udinese hanno sempre fatto acquisti mirati e si sono sempre preoccupate di salvaguardare al massimo i loro investimenti.
Il Genoa invece ha spesso comprato giocatori senza avere idea di come poi utilizzarli, e non ha mai curato il loro inserimento, preferendo limitarsi a bollarli come "bidoni". Col che si esorcizzava il problema, ma arrivavano poi le retrocessioni e cresceva il buco nei bilanci.

Mi sembra evidente che questo comportamento sia poco intelligente -sicuramente poco professionale- e si risolva, detto in termini calcistici, in una serie di autogol.
Perché poi, spesso, i giocatori da noi bollati come "bidoni" sono andati a fare la loro carriera in un'altra squadra di serie A, mentre noi -tanto per cambiare- ce ne tornavamo regolarmente in B.
E allora la domanda che i tifosi dovrebbero farsi, ma soprattutto dovrebbe farsela la Società è una sola, secondo me (e comunque io me la sono fatta ormai da molti anni) : ma "bidoni" erano i giocatori venuti nel Genoa, o invece è stato il Genoa ad essere un "bidone" per questi giocatori?

Volendo potrei fare una lunga lista.
Mi limito ad alcuni casi significativi, pescati nella notte dei tempi, quando il Genoa, da grande squadra che era stato, stava per precipitare -senza saperlo- nel baratro.
Insieme a Boyè, fuoriclasse appurato, vennero altri due argentini, Alarçon e Aballay.
Alarçon aveva un curriculum di tutto rispetto. E Aballay, in quel campionato colpì qualcosa come 12 e più pali e traverse. Vuol dire che in porta ci tirava.
Ma vennero entrambi liquidati alla svelta come "bidoni", mentre nel frattempo, Boyè era tornato in Argentina fin da gennaio, "scappando" letteralmente dal Genoa.

Anche la "fuga" di Boyè avrebbe dovuto far riflettere, ma a Genova, ambiente Genoa, si preferì ironizzare sulla voglia di dolce vita della moglie.
La moglie in effetti c'entrava, perché era abituata alla vita mondana di Buenos Aires, che a quei tempi era ancora una grande capitale del mondo, e a Genova proprio non ci si ritrovava.
Ma se la Società Genoa avesse avuto delle ambizioni, è probabile che Boyè avrebbe scelto la carriera, lasciando la moglie libera di tornare da sola a Buenos Ayres. O magari l'avrebbe convinta a restare almeno
fino alla fine del campionato.
Invece se ne andò con lei.
Ma se ne andò dove?
Andò nel Racing e vinse il campionato!!
A Genova che cosa lo avrebbe aspettato, invece?
Un campionato insignificante, che Boyè avrebbe probabilmente accettato in cambio di buoni guadagni, se non avesse avuto nello stesso tempo il problema della moglie.

Rivista col senno di poi, la "fuga" di Boyè era già un chiaro sintomo del declino inarrestabile del Genoa, e avrebbe dovuto essere interpretata in ben altro modo.
Ma nell'ambiente Genoa, come sul Titanic, si preferì fare baldoria e ridere alle spalle di Boyè, non rendendosi conto che la nave che stava affondando era la nostra.
Passarono solo pochi mesi e l'errore venne immediatamente ripetuto.
La Svezia aveva battuto l'Italia ai Mondiali del '50, e allora via con gli svedesi.
Ma il Genoa ne aveva davvero bisogno?
Vennero pescati Tapper, Mellberg e Nilson.
E questa volta fallirono tutti e tre.
Tapper, più che bidone lui, rappresenta un bidone fatto al Genoa.
Infatti il giocatore era buono, solo che aveva praticamente smesso di giocare.
Mellberg era un cavallone che da centravanti un po' di gol li fece.
Venne confermato, ma solo per essere cacciato via l'anno successivo, a dimostrazione di lungimiranza di programmazione.
Nilsen, poi, era un gran bel giocatore davvero.
Ala sinistra della nazionale ai mondiali del '50, aveva tecnica da vendere e un tiro in diagonale micidiale.
Ma a Genova, sponda rossoblù, preferirono bollarlo come grande appassionato di barbera, e lo derisero mettendolo nella stessa situazione di Skuhravy, che non poteva più bersi una birra in pace senza sentirsi dare dell'ubriacone.
Un bel sistema davvero per valorizzare i propri investimenti!

A questo punto mi fermo con gli esempi.
Credo che siano sufficienti per far capire il motivo per cui io, da anni ormai, non credo nel modo più assoluto che tutti gli anni di B e di C fatti dal Genoa, dal dopoguerra ad oggi, siano dovuti solo alla cronica mancanza di denaro.
Mancanza di denaro che in effetti c'è sempre stata, e che ha sempre strozzato la società. Ma che sembra proprio essere dovuta, principalmente, ad una radicata incapacità di riflessione, pari solo ad una viziosa incompetenza mostrata in tutti questi anni.

Atalanta e Udinese, per continuare col parallelismo, non sono società più ricche di danaro del Genoa.
Ma sono più ricche di competenza e di capacità di riflessione.
Per questo, probabilmente, dal dopoguerra ad oggi, nel calcio italiano, figurano nettamente meglio del Genoa.
E, tornando al discorso iniziale, credo che uno dei primi passi da fare, per liberarsi di questi difetti, secondo me gravi, sia proprio quello di smetterla di pensare che i giocatori che non facciano bene nel cortile di casa nostra, siano tutti dei "bidoni", e incominciare a pensare che forse non hanno fatto bene proprio perché si sono trovati
in un cortile.

Franco Venturelli

 



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"Oltre il Cortile" | 7 commenti
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caro Vieux
di Abbadie56 il 17/12/2007 13.53


pensa che sarebbe stato sufficiente tenere Verdeal, quando è stato acquistato Boyè!
Sai che coppia formidabile di campioni?
Parlavano lo stesso linguaggio tecnico e si sarebbero integrati a meraviglia. Uno rifinitore geniale e l'altro cannoniere eccezionale.

Ma ha prevalso la mentalità da cortile. Ormai u Verdeal u l'è vegiu, megiu mandalu via. Ragionamenti superficiali. di un ambiente superficiale, che ci hanno sempre danneggiato.

Abbadie è così signore che. quando l'ho incontrato e abbiamo parlato a lungo del suo periodo rossoblù, non ha mai detto una sola parola che potesse sminuire i suoi compagni di squadra.
E pensare che in Brasile compare in un libro dove sono elencati i migliori 100 giocatori della storia del football! Non so se mi spiego....
*
....e dire che il Milan, nella finale mondiale col Boca, per uscire dall'impasse, ha messo in campo Cafù.

Cafù è vecchio come il cucco, ma a Milano dove si intendono di calcio, nessuno in questi anni ha mai pensato a giubilarlo.
Stessa cosa sta accadendo con Ronaldo, non più giovane e pieno di acciacchi. Ma Ronaldo è un autentico fuoriclasse e prima o poi darà i risultati. Basta aspettare.

Aspettare. Quello che non siamo capci di fare noi.
Che così, per la legge del "contrappasso", giustamente siamo stati puniti con la pena di dover passare la vita ad aspettare.

 





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