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il Grifone in campoVittoria a nervi distesi
28/02/2008

 

Genoa  C.F.C.                      2

(40’ I t. Sculli;  29’ II t. Borriello, rigore)

 

S.S.C. Napoli                       0

 

 

 

Il nostro Genoa ci ha regalato una serata davvero piacevole e confermatrice di promesse. La squadra evolve e perfeziona il proprio giuoco d’assieme ed ha raffermato oramai una forza basata sulla tecnica della manovra.

 

Intanto, la serata, per prima cosa, ha dato una piacevole impressione cromatica. Favorisce il riemergere di vecchi e cari ricordi, rivedere, davanti ad un pubblico numeroso, le due squadre vestite coi loro colori tradizionali e gli arbitri in nero. La pennellata di celeste delle maglie del Napoli sul campo costituivano un tocco piacevole, in luogo dell’implacabile maglia bianca “da trasferta” che motonotamente siamo usi impattare.

 

 


 

Perché i reggitori del calcio non capiscono il valore aggiunto dato dai colori?

 

Ma lasciamo queste rimuginazioni da vecchi e passiamo al giuoco giocato.

 

Il genoano da anni si è abituato a salutare le vittorie della propria squadra sotto la forma di un’impresa realizzata, di un combattimento vinto con coraggio e con cuore, di un obiettivo raggiunto con passione, che vuol dire sofferenza.

 

La crescita della squadra ci allontana da un simile angolo visuale.

 

Noi sostenitori quanto mai appassionati del rosso-blù potremmo persino rimanerne spiazzati, sentire che qualcosa ci manca. Ma in un tempo lontano i nostri nonni  sovente mentre andavano alla partita si domandavano quanti gol avremmo fatto, non se avremmo vinto.

 

Non dico che altrettanto luminoso si presenti il nostro futuro, al giorno d’oggi, ai diversi  livelli, c’è equilibrio; intanto, però, ecco che siamo a commentare una partita che non ci ha dato “sofferenza” ma una vittoria venuta quasi per inerzia, conseguenza logica di una superiorità di manovra.

 

La gara è iniziata con sforzi misurati, quasi i giuocatori non avessero ancora smaltito del tutto la fatica di tre giorni prima. Il senso di opacità era dato dalla nota tattica napoletana fondata sulla copertura e sul fitto metà campo e dalla ricerca preparatoria, da parte nostra, dei giusti collegamenti senza trascurare la prudenza. Poi procedendo il giuoco la superiorità rossoblù si faceva più manifesta e anche il giuoco d’attacco si sviluppava più piacevolmente che in passato con manovre intessute tra vari giuocatori.

 

Infatti il Genoa otteneva il vantaggio nel finale del tempo appunto con una manovra a tre conclusa da vicino da un bravo Sculli.

 

Il Napoli aveva puntato invece su lunghi palloni alti destinati alle teste di Calaiò e Sosa, ma da Santos & C. controllati senza soverchie difficoltà. (Non brillava la stella Hamsik). Purtroppo con qualche entrata dura, da parte dei napoletani, e in uno scontro il nostro Paro ha patito un infortunio grave.

 

Il secondo tempo aveva un andamento più complesso, con vari cambi di giuocatori e di tattica. Per una diecina di minuti il Napoli si faceva aggressivo, ma per l’olimpico Scarpi il lavoro era di normale amministrazione. Un paio di nostri giuocatori diminuivano di rendimento (come Leòn). Una certa sensazione di pericolo ce l’aveva data l’entrata di Lavezzi, accompagnata da una bordata di fischi – il genoano non dimentica – ma il grande giuocatore si sarebbe visto soltanto in due sprazzi, troppo organizzata era la manovra difensiva del Genoa.

 

Infine ogni incertezza sfumava. Con un mirabile lancio verticale in profondità, Milanetto serviva raso terra Borriello proprio sul piede (queste sono le migliori giocate, rispetto ai lanci a inseguire che troppo spesso si vedono) e il nostro ariete, benché strattonato dal suo marcatore rimasto isolato, Domizzi, entrava in area ad ottenere il rigore. Lo marcava poi lui stesso al solito modo, sul movimento del portiere.

 

Borriello, che può segnarsi così un’altra tacca, ha dimostrato però, da striker di razza, che il desiderio di un suo assist espresso da Gasperini non era una semplice battuta di spirito.

 

Sfollando, i discorsi vertono sulla classifica, ma non più in termini di salvezza.

 

 

Vittorio Riccadonna

 

 

 



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