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il Grifone in campoJuventus rintuzzata
23/10/2011

 

Juventus F.C.                         2

(6' I t. Matri; 13’ II t. Matri)

 

Genoa C.F.C.                          2

(31’ I t. Rossi; 40’ II t. Caracciolo)

 

 

Una partita di calcio: un piccolo mondo.

 

Un nuovo stadio: come in un tempo e oggi in tanti luoghi, i Genoani per confrontarsi entrano in un impianto di proprietà della squadra ospitante, un impianto che esprime un senso di potere, ha una forza di soggezione; vi si respira un’aria di sicurezza e di fiducia tutto intorno ai nostri avversari: si sentono superiori, non soltanto per la buona classifica.

 

 


In fondo all’animo dei nostri come scacciare il ricordo di una antica supremazia perduta...

 

Una volta in partita, subito la vicenda ti torce lo spirito. Una palla entra nella tua porta, non capisci se per un caso o per sopraffina combinazione. L’arbitro ti perseguita con ammonizioni tutt’altro che equamemente ripartite, ammonizioni che ricevute all’inizio di

gara diventano una remora per i giuocatori che sono chiamati a combattere.

 

Incombe un eterno nemico del vero sport: il vittimismo.

 

Ecco la grandezza del Genoa di ieri notte: non si è lasciato scuotere.

 

Una partita di calcio: un piccolo mondo. E’ fatta di giuochi d’abilità, di forza atletica, di fiato per correre senza sosta, di scatti, velocità, intelligenza, collaborazione, tattica, amalgama, studio dell’avversario...

L’analisi di una partita non ha fine. Ma sopra tutte queste cose regna una forza interna che ha qualcosa di ineffabile: lo spirito.

 

Lo spirito del Genoa di ieri notte ci ha inorgoglito.

 

Malesani ha puntato su un’idea già cara a Ballardini: rinforzare il pacchetto centrale, per frenare la fluida organizzazione juventina. Seymour, Merkel, Rossi, Veloso si sforzavano si fare ostacolo e pedana di rilancio. Ma quale ispirazione ha guidato il nostro 33nne indomito capitano a lanciarsi invece all’ala destra, superare l’intera difesa, colpire di testa lucida-mente, dalla lunga centrata, il pallone del pareggio? Perfetta l’esecuzione, ma quale merito l’essere arrivato lì!

 

Nella ripresa si va sull’1-2: un gol preso dal centro della difesa, anche per un errore di marcatura. Quando è entrato in giuoco Caracciolo, una vocina dentro di me mi ha sugge-rito: ora quello fa 2 gol e vinciamo 3-2. Non era vero, la vocina aveva sbagliato. Ma che bello il difficile tocco sottomisura che ha deviato il pallone nell’unico spiraglio stretto oltre

il portiere in uscita. Potete credermi, mi ha allargato il cuore di gioia.

 

Dunque non abbiamo vinto 3-2, non siamo stati la prima squadra ad espugnare il nuovo campo juventino, come invece facemmo, sotto Skuhravy, quando fummo la prima squadra ad espugnare il Delle Alpi.

 

Pazienza, accontentiamoci così. Ai torinesi resterà il ricordo dei nostri due bei gol.

 

A noi resta nella memoria il finale di partita, col Genoa padrone del campo e la Juventus a boccheggiare.

 

 

 

Vittorio Riccadonna

 

 



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