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dalla redazioneRagazzi del dopoguerra
04/01/2012

 

 

In Portoria, a metà strada tra S. Marta e S. Stefano, c’è la piccola chiesa di S. Giuseppe. Dietro questa,  l’”Auxilium” ha costruito un campetto, rettangolare, con le due porte. Per andarci, c’è un passaggio, quasi un vicolo, tra le macerie; poi trovi lo spazio libero, sopra di te. Un campetto in terra battuta, o forse si potrebbe dire meglio un campetto su macerie battute – risultato delle bombe americane.

 

 

 

 


I ragazzi del dopoguerra vi trovano uno sfogo: calci alla palla per sfuggire dalla pressione delle contingenze di famiglia. C’è polvere, ma è meglio che all’Acquasola, proibita, oppure allo spiazzo in cima a Via Caffaro, dove i vigili, in motocicletta, li sorprendono dopo averli scrutati dall’alto.

 

Da questo, viene il gran passo. Si pronuncia la parola: “facciamo una squadra”.

 

Le scarpe da giuoco si possono trovare di seconda mano al Prione.

 

Per qualcuno di quei ragazzi, è l’inizio di un accostamento attivo allo sport del calcio “vero”, organizzato, e sarà una lunga via.

 

Ci troviamo nella parrocchia di S. Stefano, che ha sede in S. Marta essendo la chiesa di S. Stefano danneggiata dalle bombe. Lì c’è un giovane curato, che si impegna a dare una mano a questi ragazzi, per favorirne l’avvio. E’ una conoscenza breve; presto la società sportiva sarà autonoma e svincolata e farà davvero la sua strada. Pochi mesi, e Don Masia, andato altrove, non lo vedremo più. Ma il ricordo della sua profonda umanità ci rimane.

 

*     *     *

 

E’ stato un periodo buono, generoso, della mia vita.

Non cercate più quel luogo: non lo trovereste.

In pochi lo ricordiamo ancora, le rare volte che ci reincontriamo.

Vero, Donelli?

 

*     *     *

 

Passeggiando, da vecchio, quanti anni dopo!, venendo dall’aver consegnato il modulo del censimento in Mascherona, in uno spiazzo pubblico sopra S. Donato, una piccola targa mi ha colpito al cuore.

 

Ho ripensato i miei anni inutili, gli errori, le colpe, gli egoismi.

Il tempo della mia vita immiserita.

 

Ho pianto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vittorio Riccadonna

 

 

 



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"Ragazzi del dopoguerra" | 2 commenti
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Stai visualizzando i commenti del giorno 04/01/2012


cari "Ragazzi"...
di jcarr (jcarr@genoadomani.it) il 04/01/2012 15.43

... che dire: grazie per i vostri ricordi che riescono a riempire il cuore anche a chi è un po' meno "ragazzo" di Voi! 

 



caro Vecchio Marciatore
di Abbadie56 il 04/01/2012 12.05

 

anch'io ho conosciuto il calcio giocato su un campetto in terra battuta

costruito su un vecchio bastione di antiche mura della città che partendo

dalla zona di Prinicipe salivano verso l'Osservatorio della Marina.

E anche nel mio caso era stato un giovane curato -della parrochia di

S.Tomaso- che si era prodigato, prima per avere quel piccolo terreno

a disposizione gratuita e poi per spianarlo, cintarlo, costruire

spogliatoi, portare l'acqua e l'eletticità..... E si!, anche l'elettricità, perchè a metà

degli anni '50, pensa!!!, avevamo l'illumiazione e potevamo giocare tornei

estivi in notturna, quando nemmeno al Ferraris l'illuminazione esisteva ancora!!!

Il Genoa nonostante la classifica difficile era ancora la squadra che aveva vinto più

 campionati in Italia, ogni quartiere aveva il suo Cine dove poter andare alla sera

a piedi senza problemi, e al bar -punto di incontro del quartiere-  eravamo tutti

genoani.... Eh! si.... erano proprio altri tempi.

Un abbraccio.

 

 





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