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dalla redazioneUn ricordo di Fosco Becattini
15/12/2016



Anche Becattini, adesso: un’ombra del passato.

Correva sul prato quando io ero ragazzino e ora mi costa un certo sforzo cercare di ricostruire e definirne con precisione i contorni come giocatore.

Era il terzino sinistro, suo ruolo fisso, sempre col numero 3 salvo una volta una diversa maglia per ragioni tattiche.
Non emanava senso di possanza, anche per statura, né sapeva governare la sfera con arte sopraffina. Le sue incursioni in attacco erano rare ma non sempre inefficaci. Non era propriamente insormontabile nei duelli con l’avversario che in corsa cercava di scartarlo; la sua “presenza” nella sua zona difensiva era costante e mai abbandonava la presa.


Ecco, ho cercato di ricostruire qualcosa, più o meno verosimile, non tutto esatta, dai miei ricordi.

Strano è il gioco della memoria di noi mortali. Abbiamo constatato che a volte mente, gli episodi che ricordiamo non sempre sono veraci. Una partita di calcio ha uno sfondo generale nel quale si inseriscono tanti episodi; lo stessa cosa noi riconosciamo quando vogliamo commemorare un giocatore.
Può un singolo episodio caratterizzare un’intera partita? Può un singolo episodio caratterizzare l’intera storia di un calciatore?

Ebbene, io vidi di Becattini una prodezza di eccezionale specificità e di esaltazione di quella sua qualità per cui è famoso, la qualità atletica quasi circense. Un episodio molto importante che con mia delusione non fu celebrato e conclamato da tutta la stampa come prodezza rarissima nella storia del calcio; e questo mi accingo a raccontare ricorrendo solo alla mia memoria.

Genoa-Milan, forse 1948, io sugli scarsi gradini opposti alla tribuna, accanto a Villa Piantelli, che erano via di collegamento fra le due gradinate. Milan secondo in classifica a 2 punti dal Torino. Circa febbraio o marzo. (Il tutto prendetelo colle molle ma i più eruditi di voi senza fretta e armati di testi potranno collocare meglio). Il Genoa veniva da una bella vittoria per 4-2 sulla forte Fiorentina (chi si rivede) pochi giorni prima sempre al Ferraris. Il Milan contava su due ali velocissime, in conformità alla propria tradizione, e qui si giocava un pezzo di campionato. Primo tempo 0-0.
Proprio all’inizio della ripresa, l’ala destra del Milan scappa in contropiede e corre solitaria verso la porta di Nord. Il nostro portiere gli esce incontro verso l’angolo dell’area. L’ala gioca un pallonetto dolce e arcuato che lo scavalca e scende verso la porta. Becattini non aveva smesso di inseguire l’ala e adesso corre verso la porta per inseguire la palla, lui più veloce della palla morbida.. Arriva sparato come un diavolo correndo verso la rete, salta nella corsa e con una rovesciata a due gambe (come si dice, a bicicletta?) rinvia il pallone verso il centro del campo prendendolo proprio a fil di traversa: rovina in fondo alla rete ricadendo pericolosissimamente e vi si incastra: un minutino di sospensione, lo tirano fuori con attenzione, e ne esce sano e arzillo come prima e sempre, al suo solito. Mi sarei detto che ho sognato, e voi mi direte che ho sognato, ma il giorno dopo Tuttosport pubblicò la fotografia della traversa col pallone accostato colpito dal collo del piede. A quel tempo i fotografi sapevano. Dunqie, verità. Purtroppo l’archivio del Tuttosport non è più agibile (stessa cosa che verificai a proposito della fotografia del famoso gol di Mortensen).

Una simile giocata non fa parte semplicemente della tecnica del football: appartiene a un altro genere, sembra impossibile. Forse, caro Becattini, potrai ripeterla lassù, in una partita fra angeli.

Fu una prodezza importante per il corso del campionato, in quanto il Genoa nel secondo tempo prese il dominio della partita e Verdeal si profuse intensamente per trascinare il Genoa alla vittoria, però in quel caso senza riuscirci, sia per la difesa del Milan che resistette ad una serie di sue azioni sull’ala destra, sia per gli altri attaccanti che non riuscirono a trasformarle, un po’ come avvenne sui centri di Lazotič domenica scorsa a Milano. Allora Verdeal ricorse a un’altra prodezza di tipo nuovo, che potei osservare benissimo forse solo io dalla mia posizione che era esattamente sulla linea del tiro: volle battere una punizione (cosa che non faceva: forse fu l’unica volta) dal vertice dell’area di rigore sulla sinistra e inviò nell’angolo alto opposto, quello del portiere, un pallone con un complesso effetto a torciglione che da fuori e alto che sembrava all’ultimo momento si abbassò e poi girò a sinistra.
Così il Milan perse quella partita per lui importante per 1-0, mentre, mi sembra, il Torino vinceva a Bergamo, ma per carità correggetemi potrei sbagliarmi. Con 4 punti di vantaggio il Torino andava verso lo scudetto e il Tuttosport nell’”Edizione Carlin” del martedì intitolava trionfalmente: “Addio mia bella addio / il Torino se ne va”. Ma non ricordo che Carlo Bergoglio firma Carlin, disegnato il Toro sul treno, abbia esaltato il decisivo coautore della sua fuga: Fosco Becattini.

Peccato che il tempo seppellisca e cancelli fatti preziosi che meriterebbero di rimanere documentati e conservati nella storia per noi genoani e tutti i posteri.

Dobbiamo tornare allora alla domanda iniziale e cercare di dare una risposta.
Basta una unica occasione per immortalare una persona, o un giocatore?
Fosco Becattini, rispondi tu da lassù.



Vittorio Riccadonna



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"Un ricordo di Fosco Becattini" | 3 commenti
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Nessuno
di vieux_marcheur il 18/12/2016 09.32

Nessuno di Voi Eminentissimi Competenti Studiosi Scrittori Di Genoa Domani, Possessori Di Sacri Testi Grifoniani e Cispadani, sa rispondere a Riccadonna su una semplice questione di date ?
Decadenza inarrestabile delle migliori ambizioni ?
La vecchiaia cavalca ?
Dove va il nostro gruppo ?





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