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l'opinioneL'azionariato popolare fu una grande realtà ma il 2017 non è il 1971
02/07/2017

 

Che il nostro bel paese, ed in particolare la nostra bella città, non siano eccezionalmente votati al culto della memoria questo è un triste fatto da tempo assodato.

Ma il tono spesso ironico e comunque sempre scettico col quale, in questi giorni, si ricorda l'esperimento degli anni '70, fa riflettere sul modo addirittura spericolato col quale, oggi, i media se ne strafottono dal ricercare e riportare la realtà dei fatti, per sparacchiare riferimenti forse malamente ricopiati da qualche fonte internettiana. 

 


Enunciamo allora subito il dato essenziale: al termine di una sottoscrizione popolare, lanciata dal Coordinamento del Club scatenatisi sotto la guida di Pippo Spagnolo, con la collaborazione della Cassa di Risparmio che aveva messo a disposizione tutti i suoi sportelli, in poco tempo si raccolsero circa 18.000 adesioni per un importo complessivo di oltre 500 milioni di lire. Ho ancora negli occhi la lacrima di commozione(?) che scende dalla pupilla di Alfredo Biondi mentre in tribuna d'onore versa ben più di 25.000 lire, e la preoccupazione con la quale un alto funzionario IRI,
versando un'identica somma, aggiunge sommessamente "Ho appena preso la liquidazione, mi raccomando che non lo sappia mia moglie".

 

Il nostro credo si basava fondamentalmente sulla trasformazione del tifoso da semplice pagante da spremere allo stadio, in azionista consapevole membro della società con diritto di partecipare alle Assemblee per contribuire a leggere e votare i Bilanci nonché eleggere dirigenti e revisori dei conti.

 

Va ricordato che con la retrocessione in C del '69/'70 si era ad un passo dal dover portare i libri in Tribunale. L'iniezione dei 500 milioni sarà quella che consentirà di riprendere quota sotto la Presidenza di Angelo Tongiani con l'immediata successiva promozione.

 

Accade tutt'oggi di incontrare amici che chiedono:"lo ce l'ho ancora quella ricevuta da 2.500 lire. Come mai non sono più azionista?".

 

La fine dell'esperienza si dovette ad uno dei tanti giochi di prestigio di Fossati. Riuscito a riprendersi la maggioranza, approfittando del momento di comprensibile sbandamento nella tifoseria dovuto all'ennesima retrocessione, poiché la perdita superava l'intero capitale sociale, nel 1981 azzera ogni azione facendo fuori tutti i 18.000 soci.

 

Chi vuole rimanere azionista dovrà comprare nuove azioni.

Lo facciamo in un centinaio che tutt' ora resistiamo, ma talvolta ci sembra di essere nel ridotto di Fort Alamo.

 

I signori cronisti sono così pregati di prendere nota che l'azionariato popolare non fu solo un pensiero visionario di Pippo Spagnolo e del Coordinamento.

 

Tuttavia ritenere che in oggi ci siano le condizioni morali ed economiche perché il fenomeno possa ripetersi, questo è tutto da verificare.

 

E poi, siamo così sicuri che Preziosi intenda davvero rinunciare al suo giocattolo preferito? 

 

Piero Campodonico

 

 



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"L'azionariato popolare fu una grande realtà ma il 2017 non è il 1971" | 1 commento
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Stai visualizzando i commenti del giorno 04/07/2017


Testimonianza interessante
di Franci il 04/07/2017 10.19

di cui, ogni tanto, si sente davvero necessità. Intanto per mettere i puntini sulle "i" ma soprattutto come memento, e per le nuove generazioni e per le vecchie.
Per le seconde, per rinverdire quasi sulle note della pressochè contemporanea, splendida canzone intepretata da Barbra Streisand - "The way we were" - come e cosa erano i genoani; per le prime, in sostanza per lo stesso motivo, perchè credo che quel risultato in termini economici debba far riflettere se oggi si potrebbe eguagliare, con le debite proporzioni al valore del denaro. Senza ricordarsi di citare solo e sempre i famosi soli 913 abbonamenti sottoscritti per evitare la cessione di Meroni.
Ma pure per ricordare a tutti, anche quelli che come il sottoscritto, a fronte delle marachelle (avrei voluto scrivere "*****@te") che, purtroppo non semel in anno, combina Preziosi, talvolta sono indotti nella tentazione di fare paragoni dal sentore vagamente revisionista con presidenti del passato, perchè questi furono giustamente contestati e perchè taluni comportamenti impediscano che il ricordo di loro rifulga di aurea diversa.





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