Ottant’anni fa
Data: 15/09/2004 11.45
Argomento: dalla redazione


Il 1924, oltre a vedere il nono e per ora ultimo scudetto del Genoa (anzi, il  primo fisicamente cucito sulla maglia), fu anno di svolta per il calcio internazionale. Due furono gli accadimenti storici.

 



Nacque il campionato mondiale di calcio.
Si svelò all’Europa un nuovo tipo di gioco, di concezione superiore.

Chiediamo pazienza ai lettori: occorre qui un breve riassunto.

L’VIII Olimpiade moderna, sede Parigi, era ormai la IV a comprendere il calcio.
 
Il primo torneo di calcio olimpico, in Inghilterra nel 1908, era stato un qualcosa sui generis: una competizione dimostrativa ad invito, tra 8 squadre dell’Europa nord-occidentale di cui 2 della Francia, vinto in finale dall’Inghilterra con un 2-0 sulla Danimarca.

Il secondo fu quello di Stoccolma del 1912, tra 11 nazioni compresa l’Italia, che fu eliminata al primo incontro dalla Finlandia per 3-2. Parteciparono anche Ungheria, Russia, Germania, Austria. Si ripeté la finale Inghilterra-Danimarca, 4-2.

Al  terzo (Anversa, 1920)  - è passata la guerra -  concorrono 14 nazioni. tra cui  per la prima volta una da oltre Europa: l’Egitto, che costituisce la prima avversaria dell’Italia (2-1). Ma l’Italia sarà eliminata il turno successivo dalla Francia per 3-1. I maestri d’Inghilterra vengono battuti subito dalla Norvegia per 3-1: se ne tornano a casa dove si rinchiuderanno nel loro “splendido isolamento” per un bel po’. Partecipano due nazioni novelle: Cecoslovacchia e Jugoslavia. Invece le sconfitte Russia, Austria e Germania non ci sono. La finale è burrascosa: la Cecoslovacchia si ritira dal campo per protesta, la vittoria va al Belgio.

Ed eccoci infine al nostro torneo del 1924, che viene ora definito “campionato del mondo”. Nella limitrofa cittadina di Colombes è stato costruito apposta un grande stadio. Ancora escluse (per delibera!) le nazioni  sconfitte in guerra, le squadre partecipanti salgono a 22 e rappresentano tutti i continenti, poiché le 4 extra-europee sono: Egitto, Turchia, Stati Uniti d’America, Uruguay.

Dunque, partecipava al torneo una nazionale sconosciuta, di un piccolo paese lontanissimo dal nome un po’ buffo, alla quale in partenza i buoni  parigini, civili ed esperti,  si riferivano con un certo misto di curiosità e superiorità.  Ma non sconosciuta alla équipe del Genoa, che l’anno prima aveva attraversato (terza squadra in Italia) l’oceano. Quale grande valore acquistano a posteriori la sconfitta di misura (2-1) del Genoa a Montevideo e le lodi dagli americani, durante la nostra tournée del 1923!
 
 Non per caso, quindi, alla partita d’esordio dell’Uruguay ai pochi  spettatori si aggiunsero, col giornalista Bruno Roghi, i giocatori italiani, tra cui i genoani De Prà, De Vecchi, Barbieri, Burlando. Ma già alla seconda partita della nazionale celeste gli spettatori furono 15000, alla terza una grande folla, infine la folla era enorme, pigiata, incantata dallo spettacolo. “Les jongleurs”,  titolavano giornali francesi, pescando nei superlativi.. Nasceva il massimo mito della storia del calcio.
Quale altra nazione ebbe a vincere tre titoli mondiali consecutivi?  Parliamo del trionfi del 1924 (Parigi), 1928 (Amsterdam) e 1930 (Montevideo) nella prima Coppa Rimet., pensata per sostituire l’Olimpiade a causa del riconosciuto cessato dilettantismo.

Gli uruguaiani rimangono nella nostra memoria storica attraverso i  racconti dei nonni. Fu infatti privilegio di Genova onorare la primavera successiva il Nacional di Montevideo, il quale, nell’unica tappa italiana della sua tournée in Europa. fu ospitato dai campioni d’Italia del Genoa sul loro campo di Marassi.  I fortunati spettatori ne conservarono un ricordo indelebile .

L’Uruguay non partecipò, dopo queste vittorie, ad altri campionati del mondo fino al 1950, dove ancora vinse sullo strafavorito Brasile (Rio de Janeiro). Infine, nel 1954, a 30 anni di distanza, ecco la nazionale “celeste” provare la prima sconfitta, dovendo cedere in semi-finale alla formidabile Ungheria di allora, dopo una rimonta dallo 0-2 , un palo colpito nel primo tempo supplementare ed un infortunio a un giocatore.

Ma coloro che ancora ricordano la nazionale che schierava all’ala destra Abbadie non si creino paragoni: infatti, tutto diverso era il gioco della squadra di Andrade e Scarone rispetto a quella di Varela e Schiaffino. Il centromediano Varela, di grande personalità e potenza, il quale quando si permise nel torneo del 1954 di segnare un gol ad una forte Inghilterra contava 38 anni, era il calmo capitano della squadra. Schiaffino era il genio della posizione, dell’interpretazione della partita, della semplicità. Queste due menti informavano un gioco freddo, preciso, economico. Regnava l’intelligenza tattica.

Invece la squadra del 1924 sovrastava tutte le altre contendenti di quel tempo lontano sotto i due aspetti della padronanza del pallone e della velocità individuale. Il gioco era armonico, collegato, elegante. La fitta rete di passaggi apparteneva già alla scuola boema, ma gli uruguaiani, nello sfruttare in forze lo spazio tra la mediana e la difesa avversarie (il pensiero va all’Ungheria del 1952), la condivano di variazioni di ritmo e di disegni, oltre a concedersi volentieri a fantasiosi duelli col singolo avversario. Acquisito il risultato, tutti quanti, senza accanirsi a incrementare il punteggio, si abbandonavano alla recita, all’esibizione di virtuosismi, per cui il finale di partita era per il pubblico divertentissimo, uno spettacolo di arte varia. Stella di prima grandezza  per funambolismo era il mediano d’ala Andrade, un meticcio dinoccolato dalla figura slanciata e dalla corsa a balzi leggeri, forse il primo calciatore di colore apparso in Europa. Andrade, che tuttavia aveva nelle proprie corde anche un’irruenza prepotente, possedeva una tecnica suprema ed una abilità da giocoliere quale mai si è vista.  Dai francesi fu battezzato “perla nera”. Il centrattacco Petrone, chiamato in America “l’artigliere”, era specialista nei tiri ad effetto di punta e mezza punta (non stupitevi: il famoso “strike” di Branco era di mezza punta – e tanti si ricorderanno ancora di Boyé); ma non abusava del suo terribile tiro e le mezzali Scarone (finissimo dribblatore) e Cea andavano in porta con altrettanta frequenza. La difesa non era tetragona e i due gol subiti nelle fasi iniziali delle partite non furono casuali.

La formazione della finale, che si giocò il 9 giugno, è quella  base e a questo punto non possiamo tralasciarne i famosi nomi: Mazzali;  Nasazzi, Arispe;  Andrade, Vidal  Ghierra;  Urdinaram, Scarone, Petrone, Cea, Romano. Avevano giocato una partita anche Tomasina, Sivecci, Naza.
   
Col tempo, Andrade si trasferì a Parigi dove purtroppo soffrì il clima; Petrone, alla Fiorentina. Andrade fu lo zio di un altro Andrade che vedemmo nel 1954.

Terminiamo con qualche risultato.
L’Uruguay batté nell’ordine: Jugoslavia 7-0, Stati Uniti 3-0, Francia 5-1, Olanda 2-1
(questa semifinale fu vinta a fatica su rigore non evidente, ma il secondo tempo si giocò letteralmente a 1 porta), Svizzera 3-0 in una finale che nessuno avrebbe pronosticato. Totale: 20 gol a 2.

Favorita era stata considerata la Cecoslovacchia, eliminata dalla sorprendente Svizzera su due partite (1-1 t.s., 1-0) negli ottavi di finale. Anche Spagna e Francia erano molto quotate. La Spagna, altra sorpresa, fu eliminata subito dall’Italia per 1-0, anche per averci sottovalutato e con alquanta sfortuna. Ma l’Italia, scavalcato il Lussemburgo per 2  a 0, perse a sua volta nei quarti dalla Svizzera per 2-1 per un gol in fuorigioco.

In conclusione, nel 1924 i francesi e gli appassionati europei tutti, abituati a considerare il giuoco del calcio come fatto proprio, si avvidero d’un tratto che il tempo dei maestri inglesi era passato ed acclamarono i nuovi maestri arrivati, inaspettati, a sostituirli dal nuovo mondo, per proporre nuove forme, nuove prospettive, nuovi confini.

Vittorio Riccadonna

 







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