"Cosmi al lavoro, giù il cappello" di Giampiero Timossi
Data: 16/09/2004 20.20
Argomento: l'opinione


Sotto il cappello Serse. Perché non è solo una visiera che fa l'uomo, l'allenatore, la differenza.

 



Le prime settimane di Serse Cosmi al Genoa sono trascorse con una straordinaria velocità. Probabilmente quell'andar di corsa che caratterizza le chiacchiere colorite, i discorsi da ombrellone. Ma già si apriva l'ombrello per le piogge settembrine, che ancora si discuteva di squadra maschia o femmina, di attributi, palle, zebedei ed altre sex-amenità.

«Vi ringrazio, ma non vorrei che mi si attribuissero capacità eccezionali», aveva sorriso Cosmi il giorno della presentazione ufficiale al Jolly Hotel Plaza.

L'Uomo del Fiume è tipo vulcanico, ma ha anche intelligenza sottile: ama le espressioni dirette, la battuta, ma non per questo i luoghi comuni.

Sapeva che, come in passato, anche a Genova buona parte della sua fortuna la deve al personaggio che si porta dietro. Serse El Grinta, sia chiaro non è un'etichetta che lui possa detestare. Anzi, ha contribuito a crearla: Cosmi ha un sito personale, ha un addetto stampa personale, ha una personale imitazione televisiva.

Sa bene, Cosmi, che nel suo arrivo al Genoa questo "essere personaggio" ha avuto un peso determinante. Per il presidente Enrico Preziosi, che lo ha subito definito «uno da Genoa». E per quella parte di popolo genoano (più o meno numeroso, ci sono fischi, ma nessun sondaggio a proposito) che non gradiva lo stile decisamente compassato di Gigi De Canio, sempre composto in panchina, decisamente meno sul campo d'allenamento.

Cosmi, l'urlo della svolta. Ma già in questi giorni, dopo il buon pareggio di Modena, quando il campionato è ormai iniziato, il neo tecnico rossoblù ha cercato di smarcarsi dall'asfissiante marcatura dell'allenatore personaggio, a ogni costo.

Ha spiegato, senza troppi giri di parole, che gradisce «soprattutto parlare di gioco».

Ha capito e ribadito che non basterà scatenarsi in panchina per raggiungere l'obiettivo tanto atteso della serie A.

Ha capito che la strada è piena di difficoltà, magari non subito palesate, ma subito evidenti.

Qualche problema si è già intuito, si può magari provare ad elencarlo, a volo d'uccello.

Cosmi a Perugia ha sempre lottato per la salvezza. Al Genoa deve raggiungere la serie A. Vero pure che far miracoli nella massima categoria (con una multinazionale di perfetti sconosciuti) probabilmente non è più facile che centrare una vittoria in serie B.

Cosmi ha sempre lavorato con una squadra da lui costruita durante l'estate: certo Big Gaucci gli prendeva di tutto (ha minacciato di ingaggiare pure una donna), ma le indicazioni sulle caratteristiche dei giocatori le dava il tecnico. Caratteristiche che gli permettevano di inserire i tasselli adeguati nel modulo che ha sempre avuto in testa, quello che preferisce, il 3-5-2.

Modulo che non può fare al Genoa senza perdere due tasselli importanti, i due trequartisti voluti da De Canio: Ciccio Cozza e Nicola Zanini.

«E' per questo che non escludo di poter giocare con lo stesso modulo scelto da De Canio», ha spiegato al termine dell'ultima amichevole precampionato.

Ereditare non è mai banale. Cosmi ha ereditato una squadra. E il carisma di due allenatori che avevano e hanno la sua stessa suggestiva grinta: Silvestri e Scoglio.

Due che al Genoa hanno fatto bene, hanno conquistato la promozione. Come bene hanno fatto altri due allenatori, uomini miti come Bagnoli e Simoni.

Cosmi ha già capito molto dell'Universo Genoa, altro lo sta apprendendo, con rapidità, perché è uomo intelligente.

Un uomo che vuol far correre il suo Genoa, vuol farlo vincere, «e giocare bene».

Un uomo contro i luoghi comuni. Un uomo non un personaggio. Forse sarà per questo che, da qualche giorno, il suo cappellino è rimasto qualche volta di più negli spogliatoi.

Giampiero Timossi


 







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