"La ragione dice: è la volta buona" di Nino Pirito
Data: 05/11/2004 11.39
Argomento: l'opinione


Che sensazione di leggera follia…
Così cantava Lucio Battisti. Ed è questo sentimento che pervade il sottoscritto, quando si tratta di Genoa. Sempre. Anche oggi, forse oggi più che mai. E mi resta difficoltoso metterla da parte, anche quando svesto i panni del tifoso e indosso quelli del cronista.



Certo: da cronista devo, ogni volta, raggiungere uno stato d’equilibrio critico che mi permetta di osservare e raccontare le cose della squadra e della società con doveroso distacco. E, poiché mi hanno insegnato a dire anche che cosa di buono si ha dentro, proclamo chiaro e tondo che ritengo, ormai, dopo anni e anni di doppia personalità di arrivare allo stato d’equilibrio di cui sopra con… sufficiente facilità.
Eppure, spesso, capita che io sia frainteso, in positivo e in negativo. Più in negativo, per la verità. Soprattutto da chi – giustamente – mette al primo posto le ragioni del cuore. Il tifoso-tifoso deve andare dove lo porta il cuore, volare in alto per una vittoria e magari precipitare nell’abisso per una sconfitta. Ma al cronista ciò non è permesso. Anche se costa fatica e dà le vertigini camminare sul filo, questo il cronista deve fare: non lasciarsi trascinare dal sentimento ma almeno attenuarlo, mediarlo attraverso la ragione.
Ma è proprio la ragione, in questo momento storico, che spinge verso un ottimismo sensato.
I motivi sono molti. Cercherò adesso di metterli nero su bianco nel modo più chiaro e sintetico.
La ragione dice che, sì, stavolta è la volta buona. E che solo una follia collettiva di squadra e società non permetterebbe il ritorno nelle serie di competenza del Genoa. Di competenza non tanto agonistica – che questa è un’altra cosa – ma storica. E’ o non  è, il Genoa, la squadra più nobile e antica d’Italia? Se la risposta è sì, il Genoa deve stare lassù, tra le grandi, sempre.
Il problema è stato – da troppi lustri – quello di non avere, oltre al blasone, una squadra e una società all’altezza di quel blasone. E – dato, nel bene e nel male, ai presidenti che si sono succeduti quel che era dei presidenti - il Genoa ha navigato sostanzialmente a vista. A volte procedendo con sufficiente regolarità, più raramente veleggiando vento in poppa; ma quasi sempre bordeggiando, nel tentativo di non arenarsi in una secca o, peggio, di non speronare un iceberg che lo avrebbe affondato.
La ragione dice che è la volta buona. Perché la squadra costruita da Preziosi e De Canio è un’ottima squadra. Che Ser Cosmi sta valorizzando quanto, probabilmente, il suo predecessore non avrebbe saputo fare. Vai a vedere i reparti e – ormai è risaputo – trovi nomi e atleti che per la B sono sprecati. Il che non vorrebbe dire, automaticamente, che essi, da soli, avrebbero comunque raggiunto l’obbiettivo. Ma – non sembri poi così paradossale – ci sarebbero andati almeno vicini. Solo che lo avessero voluto. Ma i calciatori, si sa, sono eterni fanciulli. E hanno bisogno di un padre comprensivo e severo, dolce e burbero, generoso e capace di punire. Altrimenti si lasciano andare. Ed era proprio quello che stava accadendo con De Canio, lui nonostante.
La ragione dice che è la volta buona. Perché il presidente Preziosi – mille difetti magari, meno quello dell’indecisione – quel padre giusto per i “ragazzi” (i calciatori - nel lessico pallonaro -
restano ragazzi anche a quarant’anni) lo ha trovato e messo a capo della famiglia. Anche se, come Giuseppe, si è trattato, almeno all’inizio, di un padre putativo.
La ragione dice che è la volta buona. Perché quel padre, Ser Cosmi, da putativo è diventato padre vero in pochissimo tempo. Di quelli che non fanno figli e figliastri. Di quelli che se uno dei figli non risponde alle attese, non lo mortifica, ma lo mette in ogni modo nella condizione di ragionare su se stesso. Fuori di metafora: avremmo mai immaginato che Thiago, Gargo e lo stesso Cozza – indiscutibili sul piano tecnico – sarebbero rimasti fuori dalla squadra-base. No, non lo avremmo immaginato. Eppure è accaduto, perché doveva accadere. Quanto meno, per effetto del proverbio popolare “meglio un asino vivo che un cavallo morto”. I due difensori e il trequartista, che sono cavalli di razza, avranno tempo e modo di tornare utili: il campionato è lungo – si dice così, no? – e ci sarà spazio anche per loro.
La ragione dice che è la volta buona. Perché a centrocampo e in attacco si hanno tante soluzioni alternative che permettono – e permetteranno – al trainer di trovare sempre quella più giusta. Inamovibili (o quasi) Tedesco e Lazetic, Milito-Caccia o Milito-Makinwa o Milito-Stellone o Caccia-Stellone o Caccia-Makinwa sono coppie assortite che garantiscono, in ogni situazione, una prolificità assoluta. Ne è dimostrazione la quantità di reti che hanno messo a segno fino a questo momento. E se la difesa, a volte, ne prende qualcuna di troppo, è perché in un modulo caratterizzato da una spiccata propensione offensiva non potrebbe essere altrimenti.
La ragione dice che è la volta buona. Perché – ci si tocchi ciò che va toccato in questi casi – anche Monna Fortuna sembra finalmente essersi accorta del Genoa. Ma la fortuna non è cieca, magari è solo un po’ miope. Ed è disposta a darti una mano, se può. A patto, però, che la si aiuti a vederti.
E il Genoa, stavolta, si fa vedere. Eccome se si fa vedere.

Nino Pirito


 







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