"Prima del fischio" di Achab
Data: 12/01/2005 17.08
Argomento: l'opinione



"La gazzetta - Uttospor - Lostadiooooo!".
Un vecchio ragazzo, con la faccia dei poveri e una berretta, passava nel parterre con il fascio dei titoli sportivi.
Faceva uno slalom tra gli impassibili e la fiumana di chi arrivava, prendeva qualche spintone e vendeva qualche giornale.
Allora servivano davvero, i giornali: esclusi i soliti informatissimi, che giravano con un blocchetto in tasca o con una memoria di ferro (e monotematica), la classifica la sapevano in pochi; figurarsi la formazione avversaria. Ed il calcio televisivo era solo un'ora - la domenica sera - per quelli del bar e per i pochissimi casalinghi.
Certo, quando arrivava Sivori, lo sapevi. O SartiBurgnichFacchetti…ma quelli, purtroppo, li abbiamo visti poco.



Ventisei anni di serie B, in 42 di Genoa. Eppure ci siamo sentiti sempre di passaggio, ospiti occasionali e temporanei, in ogni stagione.
Le informazioni necessarie te le portavi dietro dalla domenica precedente, e dai manifesti rossoblu divisi in diagonale, sparsi per la città (in Piazza, a Sturla, vicino alla pasticceria; in via Gramsci; in corso Sardegna; in piazza Fontane Marose; in piazza della Vittoria e - curiosamente - di fronte: alla fermata del celere dei giardini di Brignole; in San Vincenzo; in via Sestri e in via Buranello…)
"Chi albitra ?" "Mi nu' so"
"Chi u l'ha ditu?" "Cu sa assee".
Qualcuno iniziava ad attivare le sintonie, su apparecchi con transistors appena più piccoli delle valvole. Si captavano onde marziane per circa sei-sette minuti, udibili in un raggio di sei-sette metri, che quindi si intersecavano e sovrapponevano, fino all'arrivo dell'inevitabile "smorta, n'emmu u belin pin".
Gli individui così annichiliti, tornavano a godere il loro momento di gloria alla fine del primo tempo ed alla conclusione della partita, quando un capannello si attardava accanto ai volenterosi della manopola e del facchinaggio tecnologico (le radio da trasporto erano inferiori a quelle di casa solo di 1 cm. per spigolo).
Signore dalle acconciature cotonate, con fazzoletto rossoblu sovrapposto al foulard, trovavano posto accanto al compagno, marito fidanzato o fratello che fosse, dopo che lui le aveva sistemato sul gradone il cuscino di paglia incartata. Sedute, ricambiavano il favore-dovere, ponendo accanto a sé il cuscino rosa/viola a libretto.
Le figlie si stringevano accanto ai parenti, facendosi ancora più piccine dentro gonne a pieghe, calzettoni, berrettini.
Ci viene un colpo: con una femmina vicino, dovremo contenere il linguaggio; come a casa, nessuno se la sente di liberare le parolacce in prossimità di una donna.
Dimenticheremo questo tabù al primo stridulo "figgiude'nabagasciaaaaaaa!" proveniente dal silenzio - in controtempo - gridato tra ugola e rossetto.
Si arrivava un'ora, un'ora e mezza prima della partita e poi, stranamente, si era impazienti di prendere il posto dell'attesa: non c'è stata una volta, fino a quando cominciai ad andare da solo (da solo?!Sembra ridicolo, detto così), che abbia preso le scalette della Nord. Mi tiravano su dal muretto, finché imparai presto a scavalcarlo.
Bellissimo: tutti avevano una gran fretta di sistemarsi nella propria locazione riservata, per paura che gliela prendessero, mentre nessuno ci pensava proprio, impegnato ad occupare la sua.Quindicimila posti nominativi; nel derby un estraneo si aggiungeva per 1/3 a destra e a sinistra: ci stringevamo in 18.000, due posti per tre persone
Primo gradino attaccato al muretto, dietro il palo alla destra del portiere; quello è stato il mio punto di vista del mondo, per i primi 6 anni di Genoa.
Ognuno conosceva a memoria i tic del vicino, l'abbigliamento, le imprecazioni, e persino il grado di sopportazione: c'era gente che cercava di anticipare il momento esatto in cui il suo compagno-di-spalla avrebbe gridato. Ma i più, andavano in sintonia.
Era bello sentire dietro di sé (io sto lì davanti, comunque, quando è Nord) tutta la Gradinata, il cuore palpitante della mia Gente. Sapevo, senza girarmi, quali e quante bandiere sventolavano, quanti cappelli cadevano, quante permanenti si scioglievano, al grido Ge-nua Ge-nua! E, lassù, i 3 valletti Fynsec.
Noi, del numero 1, conoscevamo solo la schiena; dovevamo fidarci che quel giovanotto sulla figurina fosse davvero il portiere del Grifone, a parte il fugace passaggio a braccia levate, nel quale cercavi di imprimerti faccia ed espressione.
Quel che ricordo - e riporto veracemente - è che Mario DaPozzo occupava il 65 per cento dello spazio della porta, riducendone lo specchio a soli due metri circa, nei quali gli avversarii dovevano cercare di far passare il pallone.
Venne il tempo di migrare, per varie circostanze, verso nuovi orizzonti; eppoi dovevo lasciare il posto alla generazione successiva.
Quando andai per la prima volta nei distinti, mi sembrò di aver cambiato stadio: nel profondo avvertivo di essere in trasferta, quasi in esilio, finchè non scoprii la bellezza del vedere la mia casa da fuori.
Quello è il vero "Cinque du Soleil"! Ho sempre pensato che si dovesse pagare per assistere allo spettacolo della Nord, indipendentemente dalla partita.
Avevo il guardalinee - segnaligne, fino ai 18-19 anni - che svolgeva il suo compito proprio sotto i miei occhi, tanto prossimo da poterlo toccare…ma c'era la griglia, che lasciava passare solo sputi, improperi e qualche raro "bravo!". Ad essere artisti, con un tiro a campanile ben dosato, lo potevi raggiungere con l'accendino (e notare che erano Ronson, altro che "usa e getta"), 50 o 100 lire , la bottiglina del cafféSport.
Perché io la partita l'ho sempre vista rasoterra, come un dodicesimo giocatore fuori campo, libero dalle tattiche ma partecipe come gli altri. Talvolta - alla fine - persino più sudato e dolorante.
Con la "pelouse" a schiena d'asino, del terzino destro e dell'ala sinistra del Genoa, io vedevo solo i 4/5 superiori; caviglie e piedi, mai. Per quanto mi riguarda - stando nei distinti - questi due ruoli possono essere coperti da giocatori su pattini, o con le zampe di Paperino. Spesso, forse, era davvero così.
In questo settore, che temevo meno popolare, quindi meno autentico e partecipe della Gradinata, l'unica vera differenza è costituita dall'età. Non sempre anagrafica, talvolta anche quella mentale: i giovani che vanno lì sono più posati, più ragionevoli, meno inclini allo scalmano. Finché il Genoa non subisce una serie di gravi torti (mentre di là, a destra, ne basta uno, anche dubbio).
Poi l'emozione della tribuna, vicino a VIP e giornalisti…a portata d'improperio ai dirigenti.
Ma qualsiasi posto abbia occupato, nel catino - persino la sud, che è comunque un pezzo di casa nostra - ed accanto a chiunque abbia vissuto gioie e dolori, sempre ho vissuto un attimo di dilatazione/contrazione  del tempo: un buco nero che inghiotte rumori ed emozioni, volti, colori, ed ogni altra  percezione.
Un momento prima che il Genoa entri in campo, una infinitesima frazione prima che la testa dell'arbitro affiori dalle scalette (o sbuchi dal sottopasso, oggi).
Tutto è sospeso, l'universo intero trattiene il respiro, pronto a cambiare il proprio registro in armonia con questa realtà che è vera solo qui, adesso. Che tutto comprende.
Silenzio assoluto, anche il cuore cessa di battere; pace infinita come corda estrema dell'agitazione. Poi tutto si avvia: si comincia.
"Il mobilificio Galetto, mobiliperuficioinlegnoemetallo, presenta la formazione del Genoa"
GirardiSignoriniTestoniTuroneBassiRivaraMeroniMilitoAguileraMascheroniPruzzo.
O è un'altra? Non so, non importa.
Alè Genoa


Achab





Questo Articolo proviene da Genoadomani
http://www.genoadomani.it

L'URL per questa storia è:
http://www.genoadomani.it/modules.php?name=News&file=article&sid=1284