Dagli spalti alle poltrone?
Data: 28/01/2006 13.28
Argomento: dalla redazione


Dopo il vistoso calo di presenze negli stadi, che si è accentuato nel corrente campionato, ora dobbiamo registrare anche un milione di spettatori in meno alla domenica pomeriggio davanti alle TV.

Il calo negli stadi viene giustificato in tanti modi.

La causa principale sarebbe la televisione che oramai trasmette in diretta tutte le partite.

 



La gente, sempre più comoda, per vedersi gli incontri di calcio preferirebbe evitare i disagi per raggiungere gli stadi, i pericoli delle violenze teppistiche ed anche gli alti costi dei biglietti e starsene, appunto, comodamente sdraiata sul divano del salotto di casa.

Quest'anno, in aggiunta, le note vicende estive hanno portato al sostituirsi sul palcoscenico della Serie A di squadre di provincia, con tifoserie abbastanza ridotte, a squadre come il Genoa ed il Toro che hanno un seguito di sostenitori ben superiore.

Tutto vero e ragionevole solo che a mio avviso con quelle riflessioni, mi permetterei far notare, che forse si elude lo zoccolo duro del problema che, a mio avviso, è ben altro.

Diciamolo ancora: il calcio sta perdendo "appeal" ed insieme credibilità, la gente e sempre più tifosi ed appassionati veri si allontanano, mentre i più giovani scelgono altro.

Una prova?

I numeri che ho sentito nel corso di una trasmissione mattutina, su Rai tre, TV Talk che si occupa di critica televisiva e, soprattutto, di ascolti dove nell'ultimo numero hanno parlato di "Novantesimo minuto" in onda sino all'anno scorso su Rai 1 e della nuova trasmissione di Canale 5 "Calcio" che l'ha sostituita a partire da questa stagione calcistica.

Questa nuova trasmissione di Mediaset, che è partita "arrancando", si è nel frattempo assestata, ha cambiato conduzione, sono stati accorciati i tempi, ecc., ecc.

Insomma non è più un problema di avvio, ne di manico, molti sono forse ancora affezionati al vecchio storico e glorioso "format" della Rai, la Tv satellitare si sta allargando, ma alla fine, in soldoni, i numeri ci dicono l'abbastanza sconvolgente verità e cioè che quest'anno a vedere "Calcio" ci sono, oramai stabilmente, un milione di spettatori in meno.

Non è tanto un problema di concorrenza tra le due reti e, difatti, qualcuno sommessamente si chiede dove sia andato a finire quel milione di spettatori.

Gira e rigira anche qui la risposta più convincente è quella che il calcio interessa sempre di meno anche ai "pantofolai".

Chi non ha peli sulla lingua non esita ad affermare che, avanti di questo passo, il calcio rischia di morire.

Lo dico e lo scrivo tranquillamente perché rivendico come questa battaglia quì sia cominciata ben prima che qualcun altro tentasse, malamente, di appropriarsene per i suoi "piccoli" interessi di bottega.

Tra l'altro è ben vero che le bugie hanno le gambe corte visto che non mi risulta che per questo week end sia stata messa in preallarme alcuna squadra allievi………

Lasciamo perdere subito le discussioni e le polemichette di ballatoio per tornare al problema serio del futuro del calcio che necessita di serie riforme, vere non di facciata, che sappiano incidere sul trend in atto oramai da tempo prima che lo stesso diventi inarrestabile.

Esagero, speriamo, ma qui butta tutt'altro che bene.

Sui rimedi ci sono idee diverse.

Il primo problema, quello che salta agli occhi subito, è l'oramai cronico squilibrio tra costi e ricavi.

Il calcio, oramai da anni, vive al di sopra delle sue possibilità.

L'ambizione di avere squadre sempre più competitive, i rapporti tra società e calciatori (e procuratori) oramai sbilanciati (ed ora nettamente) a favore i di questi ultimi, l'illusione (che sta venendo meno) che i proventi delleTV avrebbero consentito qualsiasi follia, hanno spinto il calcio sempre più sull'orlo del precipizio.

La mancanza di una classe dirigente all'altezza che si rendesse conto di questi pericoli e li prevenisse con interventi efficaci e tempestivi ha poi aggravato la situazione.

La vicenda "Genoa" ha scoperchiato del tutto la pentola che bolle e si è chiaramente evidenziato che Carraro & Co. sono molto attenti a difendere il loro potere ed il loro "prestigio", ma purtroppo questa loro, in parte legittima, posizione di autodifesa è stata poco intelligente e molto ottusa perché ha seguito il percorso dell'arbitrio e dell'arroccamento, anziché quello dello studio e dell'attuazione di tutte quelle riforme efficaci, che sono sempre più necessarie, per tutelare e valorizzare il "prodotto" calcio.

In quel modo si che, oltre a salvare il calcio, avrebbero conquistato autorevolezza e prestigio per legittimare quel potere assoluto che ora riescono ad avere solo con la "prepotenza", le protezioni dall'alto ed i continui compromessi di basso profilo.

Da questa situazione discendono eccessi, ingiustizie, storture, due pesi e due misure , ecc., ecc. e la stessa ripartizione dei proventi TV, che da collettiva è diventata individuale, aggrava le cose visto che a poche squadre va quasi tutta la torta, alle altre solo briciole.
 
Situazione che, come più volte ho sostenuto, è deteriore per il buon andamento del calcio.

Sia chiaro che ci vuole ben altro che il solo ridistribuire i soldi tra le varie squadre, certo che sino a che non si interviene i valori in campo restano e resteranno troppo diseguali.

Intervenire su questo aspetto sarà più o meno legittimo, su questo ci sono opinioni diverse, ma sicuramente l'attuale situazione rende scontati gli esiti e fa diminuire l'interesse verso il campionato.

A nessuno, infatti, piace perdere sempre ed anche chi vince ha più soddisfazione quanto maggiori sono le difficoltà che è riuscito a superare.

Chiudo dicendo che anche un milione di "pantofolai" in meno sono un segnale da non trascurare, ma molta più preoccupazione deve destare il calo dei tifosi, degli appassionati veri, delle famiglie che si sono allontanate dagli stadi e che, a quanto pare, non si sono neppure accomodati in poltrona.

Speriamo bene…..

Giancarlo Rabacchi 







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