Le ''Partite della Vita'' di Nemesis
Data: 08/06/2006 00.00
Argomento: l'opinione


 

Gli spareggi per salire in B non li avevo ancora provati: sono eccitanti.

Una specie di Coppa Uefa per diseredati dove, invece del Liverpool, ti trovi il Monza.

 

A tanti Genoani, me compreso, saranno tornati alla mente gli altri spareggi, quelli per non andare in C che si giocarono... praticamente in piazza De Ferrari.

Sì, erano solo la prova generale della retrocessione che sarebbe arrivata due anni dopo, ma in quel momento ci fu la mobilitazione generale e la chiamata dei riservisti.

 

 



La piazza pullulava di vecchietti che avevano visto il Genoa campione d'Italia e i giovani si nutrivano con i loro ricordi e la loro saggezza: praticamente il contrario di oggi.

Era il 1968, e mentre a Parigi gli studenti si riprendevano la Bastiglia, i Genoani ingurgitavano la pastiglia per fortificare il cuore.

 

Con Potenza e Novara già retrocessi, mancava una vittima da condannare a morte, a scelta fra Lecco, Perugia, Messina, ancora il Venezia, sempre fra i piedi, e naturalmente il Genoa.

Tutti a pari punti e tutti sfiniti dalla fatica e dal caldo.

 

Dopo il primo giro di Risiko crolla il Messina, ma le altre sono di nuovo in pareggio.

Si prosegue.

La piazza diventa una gradinata, peccato solo che gli autobus insistano a circolare, però mezzi vuoti.

La gente era tutta con il naso all'insu, verso uno schermo che non c'era, ma la fantasia e l'immaginazione popolare traducevano in immagini le gracchianti parole di un volenteroso altoparlante.

E ognuno vedeva quello che voleva, supponendo improbabili azioni travolgenti e trattenendo il fiato quando il radiocronista urlava "tirooo"... e poi passavano 10 secondi prima di conoscerne l'esito, quasi sempre nullo.

 

Per la seconda tornata degli spareggi il Genoa si trasferisce dalle Terme di Salice a quelle di S.Pellegrino e tutti sperano che il chinotto diventi l'arma vincente.

Si gioca ogni due giorni, con 30 gradi all'ombra e una fifa bestiale in pancia.

Nel primo incontro a Bologna perdiamo dal Perugia, così, tanto per rivendicare il primato nell'arte di complicarsi la vita.

Non importa, ora affrontiamo il Venezia (eppure questo nome mi dice qualcosa).

 

Il 19 luglio, a Bergamo, due treni speciali gratuiti portano 3000 tifosi sull'ultima trincea disponibile; gli altri in piazza a invocare il miracolo.

Il Genoa è lento nonostante due Ferrari in squadra (Enzo e Franco); abbiamo Grosso ma siamo Bassi; restiamo indecisi fra Petrini e Petroni condannati a rincorrere i cross di Derlin; però ci sostiene il genio di Mascheroni e la classe di Locatelli detto Chico.

In difesa ci avanzano due A, senza le quali il bravo Caocci potrebbe essere quello del proverbio di chi rompe paga e Rivara assomiglierebbe, solo nel nome per carità, al golden boy del Milan. Rimane Brambilla, un onesto operaio col nome da industriale.

Del Venezia mi piaceva Bellinazzi: non so, è un termine familiare.

Al 28° segna Deri per i neroverdi, e tutti vedono in lui il futuro Oliveira... ah no, mi sbaglio, per il suo goal dovremo aspettare 37 anni.

Tre minuti dopo l'arbitro Monti ci concede un rigore.

La piazza trattiene il fiato ma il collegamento è lento e l'apnea rende tutti cianotici: "Locatelli assesta il pallone... (pausa), prende la rincorsa... (pausa lunga, e tutti immaginano che sia andato a Dalmine a prendere sta rincorsa, perché non finisce mai), tiroooo... (pausa e silenzio eterno: tutti pensano all'interruzione della linea), portiere spiazzato ma... palooooo... (pausa e sconforto), ma poi la palla finisce in reteeee... ".

 

La piazza recupera abbastanza ossigeno per esultare e qualcuno sale sul cavallo di Garibaldi che non reagisce; il 35 sbarrato inchioda e i passeggeri capiscono che il Genoa ha pareggiato.

Un tizio che passava di lì con una valigetta fra le mani viene allontanato in fretta, non si sa mai.

Il tempo scorre e non si segna ma i Genoani, pur predisposti a inquinare le situazioni positive, diventano indistruttibili nelle avversità e non mollano mai.

A 13 minuti dalla fine, con un gran colpo di testa, Petroni spedisce in rete la palla e anche tutti i difensori che lo marcavano, agguantando la serie B per i capelli che nel frattempo erano diventati tutti bianchi per lo spavento.

 

Nell'ultima partita contro il Lecco basterà un pareggio per salvare entrambi, e infatti sarà uno 0-0 così moscio e telefonato che, ci fosse stato Franchini, non l'avremmo passata liscia e saremmo diventati il soggetto preferito dei suoi pistolotti moralisti.

 

Ma di "partite della vita" ne ricordo anche altre, a cominciare da quel Genoa-Bologna del 1963 quando, tanto per cambiare, bisognava assolutamente vincere.

Segnò Galli in un Ferraris epico, ma naturalmente ci fu l'immancabile strascico con un eterno processo per doping: il Dott. Agricola era ancora uno studente.

 

Partita decisiva anche a Napoli nel 1982; a 5 minuti dalla fine siamo in B ma S. Gennaro e S. Castellini ci fanno la grazia e Faccenda segna il goal della sua e della nostra "vita".

 

A volte la storia si è pure divertita a torturarci con la roulette russa, affidando cioè la sopravvivenza non a una partita ma addirittura a un rigore.

Ne ricordo 3, terrificanti al punto che c'è voluto Milito per convincermi a non voltarmi dall'altra parte nei rari casi in cui ce ne assegnavano uno.

Contro la Roma, Zigoni prese la rincorsa più lunga della storia del calcio costringendo la Nord a trattenere il fiato fino all'asfissia: era il 90°, niente goal e serie B.

Contro l'Inter, Pruzzo scelse una rincorsa brevissima ma il risultato fu lo stesso: Nord tramortita e serie B.

Contro il Padova... beh, sembra ieri, ma Galante appartiene al secolo scorso.

 

Per fortuna che adesso c'è l'infallibile Stellini.

 

Nemesis 

 







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