''Per la vittoria!'' di Achab
Data: 10/06/2006 09.10
Argomento: l'opinione


 

Il nostro è un paese abituato a intendere le vicende pubbliche come l'eterna disputa tra un potere centrale, istituzionalmente avido e corrotto, ed una plebe che può (deve) ricorrere solo a sotterfugi e furbate per ottenere attenzione e servizi, o una elargizione di elemosine.


 



Le entrate se le tiene sempre "qualcuno", che distribuisce poi le prebende che gli pare sotto forma di privilegi e regalie; per questo evadere le tasse sembra persino simpatico, oltreché legittimo.


Siamo figli di Bisanzio e di 300 anni di governo (?) barbarico, non certo dell'efficienza e rigore dell'Impero Romano: abbiamo imparato a vivere di espedienti e sotterfugi, pur di riempire la panza.
Carlo il "magno", non sapeva neppure fare la firma e si puliva le mani (e non solo) col mantello da cerimonia, i papi - fino al XIII secolo - non si prendevano neppure la briga di pulirsi, e leggevano solo il conio delle monete; abbiamo finito per somigliare alla loro idea di popolo: sudditi. Per questo ci siamo disegnati una personalità da Bertoldo e Pulcinella, che col tempo è diventato un tatuaggio, e infine un cromosoma; senza mai prenderci la briga di rivoluzionare le prospettive.


Gli scandali, figli di egoismo e avidità - patologie del comando - altrove si risolvono, ripristinando legalità e ordine (credibilità civile, diremmo); qui da noi si allungano come brodaglie improbabili, sciacquando coscienze e indignazione fino alla ripulitura.
Se penso che Valerio Zanone fa il viceministro di sinistra e Silvia Costa la vicesindaca di Roma (sempre di sinistra); se leggo autografi ancora autorevoli come al tempo della P2, capisco che qui, tutto è invano. Il compromesso è chiave per ogni aggiustamento, la panacea di ogni discordia.


Non tutti, certo, sono rassegnati a questo atteggiamento: basta leggere la storia (e la poesia), per maturare aspirazioni meno prosaiche e condotte più dignitose, ma tuttavia "anche in questo" il nostro è il paese dell'estremo paradosso: il 75% dei beni culturali mondiali e il 25% di analfabeti (tra integrali e di ritorno): come sperare in una evoluzione sociale positiva?
Il legittimo schifo di molti confligge con i mezzucci dei troppi; ma entrambi gli atteggiamenti ci appartengono: in Italia si è comunisti-cattolici e ci sono vescovi-progressisti. Si diffida della giustizia e si chiamano i Carabinieri anche per ovviare a liti di parcheggio.


Da una parte si celebra Borrelli come l'ennesima santità emendatrice, dall'altra lo si guarda col sospetto dovuto al censore giustizialista di un regime dittatoriale; qui a Roma molti vivono con (e per) i favori di Geronzi e Carraro, a Monticiano vogliono fare Moggi sindaco.
Ecco: cerchiamo di non cadere nella trappola costituita, per un verso, da un vittimismo fatalistico da bilanciare - in senso contrario - con un pragmatismo privo di regole e buon senso; se consigliamo ai nostri i falletti tattici, auspicando il gol in bieco contropiede (magari fuorigioco dubbio), vuol dire che ci siamo adattati così bene, da essere noi stessi diventati di serie C; vuol dire che il fine inibisce i nostri mezzi e che si mira sempre a impedire agli altri di vincere, più che pensare ad affermarsi.


Noi, tra le tante imperscrutabili ragioni, non siamo in A anche per eccesso di utilitarismo, per paura. Perché sembrava astuto schierare Brevi invece di Italiano e Gargo invece di Zanini.
Quando c'è un re, noi dobbiamo sempre anticipare, anzi prevenire, i suoi desiderii; quando c'è un traguardo da tagliare, ogni mezzo è buono. Comunque l'importanza primaria è che se non mangiamo noi, non deve mangiare nessuno.


Non chiediamo a Zaniolo di imitare Jacopino, anziché Milito (come forse hanno fatto molti suoi allenatori precedenti): offendendo e strattonando per 80 minuti uno stopper, magari quello si fa espellere per reazione. E' più facile così, che imparare a fare una veronica.
A Monza per vincere. A Monza per essere il Genoa.
Quello che abbiamo imparato a sognare, non quello che - di convenienza in convenienza - si è adattato alla C, e pure agli striscioni da Borgorosso Fùbal Clob.

Senza aspettarci regali - ma nemmeno soprusi, certo - senza confidare in un "poi" amministrativo che fungerebbe da sanatoria; senza illusioni, ma senza timori.


Il nostro stemma non inalbera una gallina, infine, e la nostra particolare storia è fatta di orgoglio!

Achab

 







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