''Paisà'' di Achab
Data: 15/06/2006 13.08
Argomento: l'opinione


 

Quando arrivò la prima compagnia a stelle e strisce, allegra e ben nutrita, la guerra sembrò dissolversi d’incanto; i patimenti, le paure, la precarietà, tutto fu dimenticato non appena quei ragazzi armati fino ai denti (e con i denti smaglianti in un grande sorriso), arrivarono tanto vicino da poterli toccare.

Poi parlarono, e lì – dopo un attimo di sbigottita sorpresa – fu apoteosi: erano italiani!

Tornavano da lontano per liberarci, erano i fratelli che ce l’avevano fatta e venivano indietro a condividere il successo, o almeno per farci sognare…

 

 



E’ questo – in sostanza – il compito che tocca alla nazionale di calcio, in trasferta dove siano i nostri emigranti: quelli come noi che stanno altrove, gli ultimi capaci di commuoversi per l’inno. Gli unici che sappiano pescare ancora nel ricordo, benché disilluso, un moto d’orgoglio; riscatto perseguito sia pure per una sera, sia pure per un goal.

Ma sarà vero, sarà ancora vero?

Per la prima volta l’attuale parlamento ospita rappresentanti di connazionali all’estero; credevamo (tutti, diciamo la verità!) che i deputati eletti in luoghi esotici fossero espressioni conservatrici, nostalgiche, retrò…ci aspettavamo dei folkloristici signori da guardare con sufficienza e divertimento, perché in fondo noi sappiamo di somigliare al popolo descritto nelle barzellette: pizza mandolino nostalgia mafia opportunismo canzonette mediocrità.

Invece no, invece i figli degli italiani – all’estero – studiano, rispettano le regole, hanno maturato una coscienza civile e democratica, non vivono con la mamma e non si vendono ai potenti.

Non frequentano, né sono frequentati dalla stampa italiana.

Allora io mi chiedo questo, in attesa di ulteriori fanfare da “notti magiche”, seguite da un generale “volemosebbene”: potremo mai essere diversi?

Potremo mai farlo, da qui, senza bisogno di andare a quel paese?

Deve arrivare un giorno in cui politica, informazione scuola economia sanità (il calcio …), potranno essere – anche per noi e senza interventi esterni – niente più che “normali”.

Il nostro Genoa ha avuto bisogno di circostanze e uomini straordinari, per riemergere da una misteriosa macchinazione, o quantomeno per sperare di ottenere giustizia; quello stesso Genoa a cui un federale sottrasse, tanto tempo fa, la Stella. Mai ricevendo scuse, se non risarcimento.

Non tiferò italia, non ho bisogno di tingermi i capelli di tricolore per sentirmi appartenente; soprattutto finchè un pallone che rotola obbedirà a leggi estranee alla fisica. Tifo Genoa, e sogno.

Ma il mio dna non posso modificarlo, ed anch’io ho avuto bisogno di qualcuno che mi sostenesse, dopo tante sofferenze e attraverso l’ignavia e i tradimenti di quelli che credevo fossero i miei; qualcuno che viene da fuori, qualcuno che non immaginavo potesse condividere le mie aspirazioni, ed amare il mio Grifone.

Grazie Preziosi, paisà.

 

Achab

 







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