I rossoblù macinano il Cesena (con palpito finale)
Data: 22/10/2006 12.10
Argomento: il Grifone in campo


 

Genoa               4
(19' Sculli; 24' Greco; 38' p.t. Adailton; 34' s.t. Adailton)

Cesena             3
(33' p.t. Dolcetti, rigore; 32' s.t. Lazzari; 39' Papa Wago)

 

Ebbrezza.

Perturbamento per un godimento artistico che rapisce.

Ha preso il pubblico, il cui clamore ad un certo punto non era più per incitamento ma solo di entusiasmo.

(Non sanno quello che perdono gli spettatori solo televisivi!).

 



Ha trascinato la squadra: i giocatori si sono dati tutti a questo gioco vertiginoso che si votava all'attacco, che, sgorgando dalla difesa, li porta a scambi, smarcamenti, palleggi veloci, inserimenti in avanti.

Questa volta il Genoa infatti non ha mai dato l'impressione di voler rallentare il gioco allo scopo di riprendere fiato.

Genoa e Cesena appartenevano a mondi diversi. Una differenza, direi, filosofica. Ma certo con un grande scalino sul piano del gioco puro.

Cosa importa che forse troppe energie vengano buttate sul prato? Perché preoccuparci se gli ultimi minuti ci vedono in affanno?

L'ideale della bellezza resta in noi: così rispondono gli esteti del gioco. Invece i ragionieri fanno il bilancio tra il dare e l'avere e, con la soddisfazione per vederlo in attivo, sull'efficienza non nascondono una qualche perplessità, comparandolo col volume di gioco, che per essi avrebbero dovuto produrre un risultato schiacciante.

Il Cesena ha confermato la caratteristica preventivata da Gasperini: capacità di reagire pericolosamente fino alla fine. Surclassato sul piano del gioco, è riuscito a restare in partita ed ha dimostrato la propria forza in due momenti diversi. Dapprima, costretto in difesa, ha saputo aprirsi, ripetutamente, in contrattacchi veloci lanciati negli spazi liberi della nostra difesa; poi nel finale di partita, passata la tempesta, ha raccolto le energie, ha rinforzato l'attacco, lo ha disposto ad ampio raggio ed ha fatto sì che il fischio di fine partita sia stato accolto da noi con un certo sollievo.

Impossibile qui tentare una cronaca della partita, tanti sono stati gli episodi: la lasciamo agli specialisti. Ci limitiamo a qualche osservazione.

Si è giocato con le luci artificiali accese.

Il Cesena, così come aveva preannunciato il proprio allenatore, inizia giocando a tutto campo (chissà se una difesa stretta non sarebbe più giovevole, alle squadre che affrontano il nostro Ferraris?), ma presto deve arretrare: gli spazi sono un invito per il gioco del Genoa che tesse azioni pericolose in continuità. Partito da posizione dubbia, Sculli da un metro ma da posizione angolata manda in porta uno strano pallone che tocca prima il palo vicino e poi l'altro. Sculli ha attivamente partecipato al gioco, mentre poco s'era visto a Brescia, gol a parte; come a Brescia, ha marcato qui un gol  di opportunismo, sottoporta . Segna poi, per un pallone sfuggito alla difesa, Greco con un pronto e ammirevole tiro di destro. Apriamo una parentesi per sottolineare l'importanza di un vero tiratore in ogni squadra, capacità che Greco ha ormai confermato di avere. In uno dei veloci contrattacchi del Cesena, Barasso sottovaluta la velocità di Piccoli e arriva in ritardo sull'uscita: rigore accompagnato da ammonizione soltanto, l'avversario era stato costretto a deviare nel suo puntare alla porta. Rigore tirato e segnato due volte. Raddoppia il margine di vantaggio Adailton, che mette a segno un colpo di testa in controtempo. Adailton è un perno del nostro gioco.

Il secondo tempo porta a quel momento di esaltazione collettiva di cui abbiamo detto. Il Genoa di quest'anno ci ha abituato a momenti di rallentamento, di controllo della partita; una grande squadra deve anche saper gestire una strategia della partita. Invece la flessione arriva soltanto nel finale, quando il Cesena gioca con decisione le sue carte e riesce a segnare due volte con tiri ravvicinati in mischia: la  prima si sono fatti superare allo stretto in difensori dal subentrato Lazzari, la seconda i difensori, a marcare il negretto Papa Waigo (giocatore esile, veloce e che calcia molto bene) ed un suo compagno di fianco, proprio non c'erano. Insomma: difesa un po' ferma e sorpresa, come la ricordiamo...

Ma in compenso il Genoa ha avuto il grande merito di continuare a svolgere il proprio gioco ed era andato alla quarta segnatura dopo un tiro ribattuto.

Il pubblico, abbiamo detto, ha molto applaudito. Ha anche molto fischiato. Il principale oggetto dei fischi è stato il pelato Pestrin. Costui ha avuto il merito di non reagire, di svolgere un gioco corretto e di eseguire alcuni lanci intelligenti: giocava a metà campo, di fronte a Milanetto, per cui i meriti di Pestrin, che nel finale è stato sostituito, si limitano questo, il nostro Milanetto è di altra qualità.

Gli altri fischi se li è presi la terna comandata da Palanca da Roma, che ha commesso diversi errori di valutazione (me ha indispettito il fischio su un tocco palla-braccio chiarissimamente inintenzionale) considerati ostili. Forse se n'è accorto, poiché nei minuti  finali ha dato l'impressione di invertire rotta ed ha concesso un tempo di ricupero ridotto.

In conclusione, siamo usciti tutti dal Ferraris con la convinzione che da anni non abbiamo una squadra così bella, dove il valore dei singoli è importante ma secondario. E tuttavia la squadra è tuttora in grande progresso - sono già lontani i tempi (poche settimane!...) in cui stentava ad andare a tiro su azione manovrata – e il futuro, prossimo e mediato, è di grande interesse.  


Vittorio Riccadonna

 

 







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