''Stadi, sicurezza, ultras'' di voce sommessa
Data: 04/09/2008 20.14
Argomento: l'opinione


 

A tarda sera e ancora nel cuore della notte il centro di Madrid è popolato da giovani, meno giovani e anziani che gli danno vita come in pieno giorno. Madrid è anche la capitale forse più sicura d’Europa. La domanda è: la gente esce alla sera perché tutto è tranquillo o tutto è tranquillo (anche) perché la gente esce alla sera?

 

 

 



Ancora una volta al via del campionato la violenza intorno agli stadi occupa gli schermi televisivi, i messaggi minacciosi del governo alimentano l’allarme mentre, la criminalizzazione indiscriminata assume toni razzisti e tutto si compone in un gigantesco spot a favore del calcio in tv.

 

Non è però chiaro se qualcuno che conta si domanda perché i fatti violenti avvengono e perché il contrasto è così inefficace; certo è che il primo risultato ottenuto è quello di rendere complicato andare alla partita alla gente normale, alle famiglie, in definitiva a tutti quelli che amano il calcio magari senza essere tifosi accesi e che ogni tanto sarebbero contenti di frequentare lo stadio. Questi sono gli spettatori mancanti, e la loro assenza toglie vita e futuro a questo sport sempre più spettacolo e per questo sempre più a rischio di perdere di vista i suoi valori fondanti.

 

Quando si parla con gli addetti ai lavori del Ministero dell’Interno si scopre l’esistenza di un mantra: “Abbiamo fatto quello che fanno gli inglesi…”. E qui allora cadono le braccia, per l’evidenza dell’errore e ancor più per la scarsa attenzione al cuore del problema. Se uno prova ad andare a comprare un biglietto per entrare in uno dei campi classici del calcio britannico scopre subito che è come qui da noi andare a cercare un biglietto della Nord: tutto o quasi esaurito in abbonamento. Questo giustifica la nominatività del titolo d’ingresso e perfino l’assegnazione preventiva del posto: infatti in pratica la Nord funziona così. Ma in Italia è diverso; gli abbonati raramente superano la metà dei posti disponibili e di conseguenza le norme  creano problemi assolutamente non compensati da una maggiore sicurezza.

 

Un solo esempio fra tutti: l’adozione indiscriminata del posto numerato consiglierebbe l’acquisto anticipato del biglietto o l’abbonamento col risultato di cristallizzare l’affluenza, perché poi non c’è più modo di decidere alla domenica mattina di aggregarsi all’amico, al papà, al fidanzato per non parlare dei minori che avrebbero il diritto di entrare gratis (viva le famiglie allo stadio!) ma che quando sono entrati dove li mettiamo? Conosco più d’uno che per questo motivo ha rinunciato quest’anno a rinnovare l’abbonamento dei distinti.

 

Il dubbio che se la gente andasse di più alla partita ci sarebbe meno violenza è legittimo? Una risposta immediata non c’è, ma qualcosa si può dire.

 

Tutto il problema ruota intorno al mondo ultras, liquidato sbrigativamente come paracriminale; sui giornali di oggi compare l’equazione ultras uguale pregiudicato, il Napoli diventa una propaggine della camorra, le trasferte si trasformano in una lotteria e mostrare i muscoli si pone come la strategia migliore.

Qui a Genova gli ultras veri forse non superano l'1% degli abbonati che a loro volta sono circa un quarto dei sostenitori attivi, per non parlare dei genoani in senso lato.

Nonostante il numero limitato essi suscitano rispetto soprattutto nell'area del tifo organizzato che non è ultras ma si muove fra società, media e pubblico più vasto.                                

Questo rispetto sta alla radice della vera gratificazione del mondo ultras, che si intreccia con una psicologia per molti aspetti di tipo adolescenziale, incline ad una affermazione collettiva della propria personalità che poi nell’emotività dell’evento si apre alla violenza.

Qui c'è da capire meglio una realtà che potrebbe essere sorprendente: lasciando da parte i pregiudicati e i camorristi (questi sì inspiegabilmente vincenti contro lo stato), molti degli ultras sono ragazzi dottor Jeckill a scuola o sul lavoro e mister Hyde allo stadio (ricordo i mitissimi occhi celesti di un tenero padre di quattro figli, che i suoi colleghi mi descrivevano come uno dei più feroci ultras dell’Atalanta).

Ho conservato un volantino di quelli dell’Inter distribuito a San Siro la sera di Inter – Genoa: vi si legge la disponibilità a un dialogo, che evidentemente nessuno ha poi coltivato.

 

Un paio di mesi prima, a ridosso di Genoa – Milan, la Fondazione Genoa 1893 aveva annunciato l’organizzazione di un convegno nazionale sul tema degli stadi, della loro gestione e dell’ordine pubblico.

Una iniziativa che si poneva nel cuore della genoanità quale portatrice di valori e che aveva fatto balenare la possibilità di confrontare posizioni antagoniste fra governo, federazione, lega, associazioni di club e rappresentanze ultras con l’intento di aprire un passaggio, sia pure stretto, verso una gestione più razionale e trasparente di problemi intricati.

 

Sotto questo profilo il campionato 2008-2009 è partito in modo pessimo, e la superficialità delle contromisure adottate conferma il sostanziale disinteresse per tutto quello che nel calcio è diverso dai soldi.

 

voce sommessa

 







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