Un Sogno lungo 53 anni
Data: 25/10/2008 11.19
Argomento: dalla redazione


 

Il 9 gennaio del 1955, finito il pranzo domenicale, mi ficcai subito nel bar sottocasa per sentire la partita alla radio in compagnia.
Il Genoa giocava a Milano, ma non contro l'Inter.
Il campo però era lo stesso di domenica prossima, e la squadra avversaria era uno squadrone come l'Inter di oggi.
Era il grande Milan di Schiaffino, che avrebbe vinto il campionato alla grande.

 



Il Genoa era quello di Sarosi, un "maestro" di football che era stato un grande centravanti negli anni '30, e che, successivamente, da allenatore in Italia aveva vinto un campionato con la Juventus.

Era un bel Genoa, come tutti riconoscevano, anche se era di media caratura.

Sarosi non solo aveva dato fiducia a non pochi ragazzi delle giovanili, come Carlini, Delfino, Pistrin, e altri, ma aveva introdotto anche alcune variazioni tattiche, tali da permettere al Genoa di giocare fuori casa senza chiudersi passivamente in difesa come usava a quei tempi per le squadre provinciali.

Tra le innovazioni, ci fu in particolare quella della “diagonale”, nella quale il terzino Cardoni si era specializzato così bene da essere richiesto dalla Roma, squadra con ambizioni di alta classifica. 

Fu così che il Genoa di Sarosi, fedele alla propria filosofia di gioco, il 9 gennaio del '55 scese a San Siro e dette battaglia per 90' mettendo alle corde il grande Milan di “Pepe” Schiaffino, detto “il Fred Astaire dei campi di calcio” per la genialità del suo stile di gioco.

A quei tempi le emozioni arrivavano per la voce storica di Carosio, che trasmetteva la partita principale e dava i cosiddetti “parziali” ogni 10/15 minuti.


Quando il primo “parziale” scandì:
Milan 0 – Genoa 1
il bar esplose in un urlo come allo stadio.

Gol del grande Carapellese, che nel Genoa stava vivendo una seconda giovinezza.

L'entusiasmo si era impadronito di tutti, anche dei baristi, che si perdevano in discussioni invece di servire i clienti. 

Erano quelle degli anni '50, specie nelle fredde giornate invernali, domeniche dove la gente usava vedersi in casa.

C'era chi andava a “fare visita” come si diceva, e chi riceveva.

Comprare le paste era un'usanza normale, ma c'era anche il vezzo della panna, che di solito veniva consumata nel caffè.

Il bar del mio quartiere era ben fornito di paste e in quanto alla panna, i baristi si vantavano di averne la specialità. 

Ma quella domenica di gennaio del '55, il gol di Carapellese aveva fatto passare tutto nel dimenticatoio anche per i baristi, e i clienti che arrivavano alla spicciolata dovevano così arrendersi, non senza delusione, all'idea che panna non ce ne fosse.

La risposta dei baristi, a chi la chiedeva, era sempre la stessa:
- Niente panna… più tardi, forse. –breve pausa e poi- il Genoa sta vincendo 1 a 0 a Milano.

E a questa notizia anche i clienti si dimenticavano della panna e cominciavano a chiedere delucidazioni sulla partita. 

Carosio nel successivo aggiornamento aveva confermato l'1 a 0 del Genoa, con in più la precisazione che i “rossoblu” stavano giocando alla pari col grande Milan, per la gioia di tutti i presenti del bar.

Ma l'aggiornamento successivo gelò tutti: il Milan aveva pareggiato. Col grande Schiaffino, ovviamente.
Brusco cambiamento d'umore degli adulti del bar, che commentarono subito:
- Adesso ci riempiono di gol
Ma il primo tempo finì così, sull'1 a 1. 

Nell'intervallo gli umori dei presenti si riportarono sul fiducioso.

Ma quando la voce di Carosio, durante uno dei suoi aggiornamenti, informò che il Genoa era di nuovo passato in vantaggio, rete di “Roccia” Dalmonte, e che continuava a rispondere colpo su colpo, ci fu il delirio!

Un signore di mezza età non resistette, si tolse il cappotto con fodera rossa e blù e lo indossò alla rovescia, poi salutò tutti dicendo:
- Se vedemmu, vaddu a De Ferrari! 

Finì che Schiaffino –ancora lui!- a un minuto dalla fine salvò il Milan con un imprendibile colpo di testa, e il Genoa non passò alla storia con una vittoria che avrebbe fatto epoca.

Ma si guadagnò tuttavia l'appellativo di “Miglior Genoa del dopoguerra” su importanti testate nazionali. 

Quel Genoa era in embrione una squadra di buon valore.

E ancora avrebbe potuto crescere, se ci fosse stata una dirigenza all'altezza.
Io avevo 15 anni e speravo ancora nello scudetto.

Infondo erano passati giusto una quindicina d'anni dall'ultima volta che potevamo vincerlo. Era normale crederci.

Sappiamo invece come è andata. 

Adesso il Genoa ritorna a Milano, con una squadra superiore a quella di allora.

E si trova di nuovo di fronte una squadra eccezionale come l'Inter di oggi.

Io non mi aspetto di vincere per rifarmi di quel 9 gennaio del 1955.

Mi aspetto invece che, qualunque sia il risultato, questa volta il Genoa non venga smembrato come allora, ma che la presidenza prosegua sulla strada intrapresa.

Perché il sogno che dura da 53 anni, non è vincere a San Siro, ma vincere il campionato.

Non dico subito, ma... ci siamo capiti, no?

Alè GenUa!

Franco Venturelli







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