Un derby particolare
Data: 04/12/2008 11.50
Argomento: dalla redazione


 

Strano a dirsi, ma il derby al quale penso più spesso rispetto ad altri, non è stato giocato in campionato ma è un incontro estivo, con in palio la Coppa Presidente della Provincia di Genova.

La sera del 14 giugno 1964 il Genoa scese in campo allenato da uno dei migliori allenatori avuti nel Genoa dal dopoguerra in poi: quel Beniamino Santos che era stato capace di guidare la squadra rossoblù all'ottavo posto in classifica.

 

 



Per l'occasione il Genoa provava all'ala destra un giovane molto promettente, Maraschi, sull'arrivo del quale i tifosi rossoblù avevano messo il cuore.

In porta c'era Da Pozzo, il portiere del record di imbattibilità (791'). Davanti a lui, Bagnasco e Calvani. In mediana: Colombo, Bassi e Rivara, un classico, e anche una sicurezza. E all’attacco: Maraschi e Bean alle ali, Baveni e Locatelli mezze ali, e Meroni centravanti.

Meroni sapeva giocare in tutti i ruoli dell'attacco. Nella posizione di centravanti si comportava da  vero e proprio "hombre orchestra" alla sudamericana (non a caso Santos lo chiamava "il nostro brasiliano"): arretrava, impostava il gioco, faceva assist e andava a concludere a rete.

Le due mezzali coprivano il campo da un'area all'altra, secondo i dettami del mezzo-sistema, e per questo erano chiamate "mezzali di spola".

Le due ali, infine, stavano larghe, come usava a quei tempi, per aprire le difese, e curiosamente nessuno diceva che il centravanti era solo in area di rigore, perché tutti sapevano che quello era il suo compito: smarcarsi in area per arrivare al tiro in porta sui cross delle ali.

L'idea delle due punte affiancate era di là da venire e comunque quando arrivò durò ben poco. Due punte infatti finivano per intasare l'area e favorire il compito dei difensori. Meglio una punta con una cosiddetta mezza-punta che giocasse più indietro e capace di fare assist vincenti per il centravanti. Nacque così il famoso "trequartista", che per molti non era né carne né pesce perché non sapeva fare né la mezzala, né la punta. Ma faceva buoni assist.

*
La perla di quel derby fu il gol di Meroni, che ricorderò finchè campo.
Dopo un primo tempo terminato sull'1 a 1, Meroni a metà del secondo tempo si esibì nel suo capolavoro.
Maraschi, nella metà campo del Genoa, lato tribune, è pronto a far suo un rinvio della difesa e a girare al volo il pallone in profondità verso la zona centrale del campo. Meroni, che aveva intuito tutto, scatta rubando il tempo al difensore che lo marcava e piomba sulla palla giusto nel cerchio del centrocampo.

Davanti a lui c'è Morini, futuro stopper della Juve e della nazionale. Meroni lo lascia secco sul posto superandolo come se nemmeno ci fosse stato. A questo punto davanti a lui c'è una prateria, che divora in velocità correndo verso la Nord e mettendo i tifosi in uno stato di spasmodica attesa. A quei tempi infatti era difficile che le difese si facessero prendere scoperte, perché tenevano il "libero" dietro a tutti.
Ed era proprio col "libero" avversario che Meroni doveva ancora vedersela.

Lo puntò deciso in velocità e lo lasciò sul posto come aveva fatto con Morini, entrando in area palla al piede.
Gli spasmi dell'attesa erano in netto crescendo: c'era rimasto solo il portiere, che era prontamente uscito, cercando di coprire a Meroni, che per dribblare il "libero" si era spostato verso i distinti, più specchio della porta che potesse.

Ma Meroni dribblò anche il portiere, lasciandolo coricato per terra come un sacco di patate.

Nel far questo però era finito sulla linea di fondo, proprio sotto i miei occhi che mi godevo la scena dal parterre della gradinata.

Ce l'avrebbe fatta il nostro fuoriclasse a portarsi in posizione migliore per insaccare il pallone prima che i difensori avversari, che stavano rinvenendo a grandi falcate, potessero "chiuderlo"?

Non era una cosa semplice.
Ma quella sera toccai con mano che la grandezza del fuoriclasse sta proprio nel rendere semplici le cose difficili.

Cosa fece Meroni?

Non si mosse di un dito. Restò fermo a fondo campo e calciò il pallone, spalle alla gradinata, con un "taglio" di esterno destro, facendogli compiere una traiettoria curva che girò intorno al palo e si infilò docilmente in rete, rendendo vana la ricorsa dei difensori, perché com'è noto il pallone corre più veloce del più veloce dei giocatori.

*
A quel punto il Genoa dilagò. Segnò ancora con Maraschi il gol del 3 a 1 e tutto finì in gloria tra il tripudio dei tifosi.

Tornai a piedi a De Ferrari come al solito e ricordo come fosse ieri i discorsi fatti con gli amici.

La superiorità del Genoa era stata tale che ci eravamo spinti a dire:
"Se arriva anche Maraschi, a Genova finisce per sempre un'epoca e se ne apre un'altra, che ci vedrà di nuovo protagonisti indiscussi".

Un grande sogno, destinato purtroppo a restare tale.

Non solo non venne Maraschi, ma un mese dopo, proprio in chiusura del mercato, la Società fu costretta a vendere Meroni.
E come se non bastasse, Santos perì tragicamente nel corso di una sua vacanza in Spagna.

E così il Genoa, che l'anno precedente, pochi giorni prima dell'investitura, aveva perso un possibile  Presidente come Garrone, si trovò a perdere anche il suo fuoriclasse Meroni e un grande allenatore come Santos.

Troppe disgrazie tutte insieme per non pagarne le conseguenze.

La squadra finì in serie B dando inizio ad un periodo buio che sembrava non avere più fine.

Aveva perso tutto.

Gli erano rimasti solo i tifosi, che però non l'avrebbero mai abbandonata, fiduciosi in un "rinascimento" che prima o poi "doveva" arrivare. E forse è arrivato davvero.

Ma la sera del 14 giugno 1964 è rimasta nella mia mente per quello che poteva essere e non è stato.

E che ci è costato quarantaquattro anni di sofferente ma incrollabile attesa.
 
Franco Venturelli
 
 
 






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