Una partita che non scordo - III
Data: 03/09/2010 01.38
Argomento: dalla redazione


 

 

Un errore

 

 

Recarsi a Messina è facile: si va a Brignole verso sera, si trascorre la notte allegramente in treno con gli amici, alle prime ore del giorno il traghetto ti porta in Sicilia. Hai tutta la mattinata a disposizione per girellare. Poi vai alla partita bello riposato.

 

Non senza l’emozione del portale laterale di stile arabesco del Duomo.

 

Ero lì per una partita importantissima, un richiamo non resistibile.

 

 

 



Come far trascorrere la mattinata? Naturalmente, parlando con i messinesi.

 

Di quale argomento? Ma domanda superflua. Di questo loro allenatore.

 

Alle mie curiosità sul tizio, i messinesi rispondevano affabili e sicuri con poche  parole: “è il miglior allenatore del mondo”. Bene, vedremo, anche noi siamo forti.

 

Il Genoa era l’unica squadra ancora imbattuta; in classifica, Messina, Genoa e Cremonese erano prime con 11 punti; seguivano Vicenza e Modena a 10, Arezzo, Lecce e Pescara a 9, Parma, Bari e Pisa a 8, Catania, Sambenedettese e Bologna a 7. Un  equilibrio promettente un bel campionato e una lunga lotta. Più staccate: Cesena, Taranto, Triestina, Campobasso, Lazio, Cagliari.

 

Il Messina aveva conquistato il primo posto la domenica prima infliggendo per 1-0 la prima sconfitta alla Cremonese. Inutile dire come aveva segnato: su azione di palla inattiva, ovvio. Così, dei 9 gol segnati fino al momento da loro, erano stati ben 7 quelli su azione di palla inattiva. Il termine stesso era invenzione di questo loro allenatore e l’argomento era tra quelli che avevano attirato l’attenzione di tutta Italia; studiava il calcio anche col compiuter, dicevano. Faceva parte di quel gruppetto di allenatori fautori di un giuoco nuovo per l’Italia, chiamati “i 4 dell’Ave Maria”.

 

In effetti l’entusiasmo sul posto era fremente. La Gazzetta dello Sport il martedì aveva dedicato tutta una pagina alla squadra, all’allenatore che l’aveva costruita e portata in serie B, alle forze politiche, sociali, economiche di Messina, al Sindaco, persino con un’intervista al Ministro messinese Capria. Messina emergeva nell’interesse nazionale.

 

Arrivato il pomeriggio, eccoci allo stadio. Dirigeva l’arbitro internazionale ing. Longhi da Roma. Una designazione a me non gradita, per una di quelle premonizioni senza motivo che a volte ci influenzano; Pietro aveva incassato col suo solito stile contenuto la mia previsione pessimistica.

 

La partita fu bella, aperta, combattuta. Vinse il Messina per 2-1. Il Messina era  organizzato, il suo gioco intenso e collegato, la sua vittoria sebbene molto contrastata fu, sul piano della bravura di squadra, anche logica. Andò sul 2-0 nella ripresa, con due gol da palle inattive, così facevano 9 su un totale di 11 segnate!  Arrivò anche, sempre nel secondo tempo, l’espulsione del nostro Mileti, mi sembra dopo un’ammonizione, per diverbio col segnalinee.

 

Ma c’è da dire di un raro episodio, avvenuto nella fase iniziale.

 

Un rigore fu fischiato contro il Genoa, per un contatto fiancale di Scanziani un poco in ritardo sullo sgusciante Catalano.

 

Batté il rigore lo stesso Catalano. Un altro messinese, Vendittelli, scattò in area anzitempo, come spesso si vede fare da questi indisciplinati di giocatori, proprio mentre, però, Catalano rallentava fortemente la rincorsa per spiazzare il portiere. L’effetto che ne risultò fu paradossale: sembrava un rigore tirato a due, perché, al momento del tiro, tra i due giocatori messinesi che erano presso il pallone c’era appena un paio di metri, in diagonale, mentre l’area di rigore per il resto era vuota; non ho mai visto un’invasione d’area tanto lampante. Il tiro fu mirato basso nell’angolo a destra di Cervone, che si buttò senza arrivarci. La palla batté sul palo e corse, alle spalle del portiere a terra, lungo la  linea di porta; Vendittelli la raggiunse e toccò presso l’altro palo, prima ancora che essa potesse trascorrere oltre lo specchio della porta. Longhi assegnò il gol. Nacque una breve discussione col guardalinee, suscitata da due giocatori del Genoa. L’arbitro confermò con decisione e la partita riprese sull’1-0. Durante quei momenti, Longhi si sarebbe espresso con una ragione in sé giusta: se un compagno del tiratore invade l’area di rigore anzitempo, stabilisce il regolamento che si deve annullare il gol e far ripetere il tiro se il rigore è stato segnato; ma questo rigore non è stato segnato, quindi l’azione doveva continuare. Gli sarebbe stato impossibile negare il fenomeno piramidale di quel quasi doppio tiratore; quella spiegazione era l’unica che poteva dare.

 

Si trattava di un errore tecnico. L’ing. Longhi non aveva ricordato una “decisione ufficiale”  dell’I.F.A.B., la suprema corte internazionale in fatto di regole del giuoco, debitamente accolta dall’A.I.A. già da molti anni, che cito per intero a pro dei lettori:

 

“ Se un compagno del giocatore che batte il calcio di rigore entra nell’area di rigore o si avvicina a meno di m. 9,15 dal punto del calcio di rigore prima che il pallone sia in gioco, sarà ammonito. Se il pallone rimbalza in giuoco dopo aver colpito un palo, la barra trasversale o il portiere, l’arbitro deve interrompere il giuoco ed ammonire il giocatore che ha commesso l’infrazione. Il giuoco sarà ripreso con un calcio di punizione indiretto, battuto da un giocatore della squadra avversaria dal punto in cui è stata commessa l’infrazione”.

 

Una partita viene annullata in caso di “errore tecnico”, che significa errore nel campo del diritto. Se su tutte le questioni di fatto, il giudizio dell’arbitro è definitivo e inappellabile per quanto riguarda il risultato, diverso è il caso di una decisione contraria alle regole per una fattispecie.

 

Quindi la partita era soggetta ad essere ripetuta.

 

L’annullamento della partita inficiata da “errore tecnico” era previsto soltanto in due modi. L’arbitro poteva spontaneamente dichiararlo nel proprio rapporto: questo era il modo più semplice, lascio al lettore giudicare se doveroso. Altrimenti, l’unica alternativa era la riserva scritta, che entro mezz’ora dalla fine della partita il capitano di una squadra deve presentare all’arbitro. L’arbitro l’avrebbe trasmessa insieme col rapporto, corredata dalle proprie osservazioni.

 

In questa eventualità, due le possibilità: che l’arbitro negasse il fatto nel proprio rapporto, cioè che dichiarasse che in area di rigore c’era solo Catalano, e discorso finito, almeno per quanto riguarda il risultato; oppure che l’ammettesse, e allora la partita ne sarebbe stata annullata per la conseguente errata decisione.

 

Ma negare il fatto dell’invasione dell’area di rigore avrebbe voluto dire, per Longhi, rendersi responsabile di mendacio di fronte ai giocatori e a due società, con effetto personale disdicevole.

 

Durante il viaggo di ritorno mi interrogavo. Nulla emerse. Scanziani non aveva presentato alcuna riserva.

 

Altro lacuna purtroppo significativa, non ci fu poi nessun giornale né trasmissione televisiva, neppure nell’ambiente genovesi, per quanto ne so, che rilevasse la  questione, davvero degna di interesse.

 

La Gazzetta dello Sport, il lunedì, dava 6,5 a Longhi e commentava così: “I liguri non hanno nulla da recriminare”; e ancora: “il penalty è irregolare perchè Catalano si arresta un attimo prima di calciare ... la palla termina sul palo e l’arbitro convalida giustamente il vantaggio ...”, sbagliando, mi sembra, anche sui fatti: il giornalista non aveva inteso il senso delle proteste.

 

A questo punto, l’interesse del problema si spostava, dal puro quesito di statistica sul regolamento, ad una questione di comportamento, di etica sportiva.

 

Scomodai, il lunedì pomeriggio, l’amico Moscatelli, il quale mi concesse di ripassare nello studio televisivo insieme con lui la registrazione della partita. Constatammo che purtroppo l’inquadratura della trasmissione televisiva nazionale andava dal tiratore alla porta ed escludeva quel metro alle spalle del tiratore che avrebbe documentato  il fatto.

 

Mi recai alla sede del Genoa. Volevo capire quale era la ragione della mancata riserva scritta. Parlai col segretario di allora, ma dovetti far la parte di chi spiega, senza un riscontro forse scomodo.

 

Restai dunque in dubbio sul motivo della passività del Genoa, che poteva dipendere da:

 

ignoranza della specifica norma; oppure

accidia, in mancanza di specifica autorizzazione del vertice societario; oppure

pessimismo sull’esito della eventuale ripetizione; oppure

senso morale del buon sportivo che accetta sempre le decisioni dell’arbitro; oppure

un’amicizia personale verso Longhi, oppure

rispetto verso la classe arbitrale, per timore di rappresaglie.

 

Ci sarà qualcuno che lo sa, mi piacerebbe conoscerlo, chissà. Magari uno dei nostri lettori ...

 

Più tardi, raccolsi, non ricordo come, un’indiscrezione indiretta, forse fantasiosa e sono naturalmente lieto e pronto a contraddirmi: l’accompagnatore Siri si sarebbe orientato sull’ultima opzione. La quale porterebbe un significato grave e tristissimo di sudditanza, che rientra nell’andamento di questa nostra Italia: se una società come il Genoa non avesse ritenuto opportuno difendere le proprie ragioni a causa di un timore di rivalse, sarebbe stato segno evidente che non riteneva proba la classe arbitrale né l’ambiente federale a cui essa era associata.

 

Una tale politica di rispetto verso il potere quali vantaggi potrebbe aver prodotto?

 

Non se ne vide nessuno. Il Genoa quell’anno perse la promozione sul filo del punto.

 

La domenica dopo perdette nuovamente a Pisa ancora con un arbitraggio contrario ... e la stagione finirà con la famosa partita decisiva contro il Taranto che aveva il campo squalificato, per vergogna incancellabile per la Lega giocata a Lecce.

 

 

 

Vittorio Riccadonna 

 

Messina-Genoa 2-1

Messina, 9 novembre 1986

Campionato serie B, IX giornata

 

Messina:

Paleari; Napoli, Papis; Gobbo, Rossi, Bellopede (cap.);

Vendittelli, Orati, Schillaci, Catalano, Mossini.

Allenatore: Scoglio.

 

Genoa:

Cervone; Testoni, Policano; Mileti, Torrente, Scanziani (cap.);

Luperto, Eranio, Marulla, Domini, Cipriani.

Allenatore: Perotti.

 

Arbitro: Longhi da Roma.

 

Marcature: 17’ I t. Vendittelli; 13’ II t. Napoli; 43’ Marulla.

 

 

 







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