Ragazzi del dopoguerra
Data: 04/01/2012 10.41
Argomento: dalla redazione


 

 

In Portoria, a metà strada tra S. Marta e S. Stefano, c’è la piccola chiesa di S. Giuseppe. Dietro questa,  l’”Auxilium” ha costruito un campetto, rettangolare, con le due porte. Per andarci, c’è un passaggio, quasi un vicolo, tra le macerie; poi trovi lo spazio libero, sopra di te. Un campetto in terra battuta, o forse si potrebbe dire meglio un campetto su macerie battute – risultato delle bombe americane.

 

 

 

 



I ragazzi del dopoguerra vi trovano uno sfogo: calci alla palla per sfuggire dalla pressione delle contingenze di famiglia. C’è polvere, ma è meglio che all’Acquasola, proibita, oppure allo spiazzo in cima a Via Caffaro, dove i vigili, in motocicletta, li sorprendono dopo averli scrutati dall’alto.

 

Da questo, viene il gran passo. Si pronuncia la parola: “facciamo una squadra”.

 

Le scarpe da giuoco si possono trovare di seconda mano al Prione.

 

Per qualcuno di quei ragazzi, è l’inizio di un accostamento attivo allo sport del calcio “vero”, organizzato, e sarà una lunga via.

 

Ci troviamo nella parrocchia di S. Stefano, che ha sede in S. Marta essendo la chiesa di S. Stefano danneggiata dalle bombe. Lì c’è un giovane curato, che si impegna a dare una mano a questi ragazzi, per favorirne l’avvio. E’ una conoscenza breve; presto la società sportiva sarà autonoma e svincolata e farà davvero la sua strada. Pochi mesi, e Don Masia, andato altrove, non lo vedremo più. Ma il ricordo della sua profonda umanità ci rimane.

 

*     *     *

 

E’ stato un periodo buono, generoso, della mia vita.

Non cercate più quel luogo: non lo trovereste.

In pochi lo ricordiamo ancora, le rare volte che ci reincontriamo.

Vero, Donelli?

 

*     *     *

 

Passeggiando, da vecchio, quanti anni dopo!, venendo dall’aver consegnato il modulo del censimento in Mascherona, in uno spiazzo pubblico sopra S. Donato, una piccola targa mi ha colpito al cuore.

 

Ho ripensato i miei anni inutili, gli errori, le colpe, gli egoismi.

Il tempo della mia vita immiserita.

 

Ho pianto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Vittorio Riccadonna

 

 

 







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