Il processo di Vercelli
Data: 13/10/2012 11.26
Argomento: dalla redazione


 

Una interessante discussione sorta nelle nostre pagine di “Pensieri in libertà” sul nome di Edoardo Pasteur ha toccato anche il famoso argomento della difesa che egli sostenne contro la conferma, da parte di un’assise straordinaria, della massima pena a carico del Genoa.

 

Oltre al grande interesse storico e oltre al debito riconoscimento dei meriti del nostro Pasteur, troviamo prezioso anche poterci rituffare in un ambiente pioneristico tanto lontano per godere di un linguaggio pregno di orientamenti morali.

 

 



Offriamo pertanto ai nostri lettori uno stralcio di un articolo della Gazzetta dello Sport del 14 luglio 1913, pagina 7, intitolato:

 

Il Genoa sotto processo

 

Siamo al 13 luglio 1913: Assise Federale di Vercelli.

 

Son presenti 51 Società.

 

Dopo la fase della verifica dei poteri svolta in mattinata, il processo inizia nel primo pomeriggio direttamente con l’intervento di Pasteur e qui passiamo a trascrivere, forse con qualche rado errore.

 

Il Genoa a Canossa

 

La parola è a Pasteur e quando il simpatico gentiluomo si alza, nella vasta sala della palestra vercellese si fa un silenzio profondo. Gli sguardi tutti sono rivolti sul rappresentante del Genoa e le parole sue, dette con serena fermezza, hanno nel momento grave e quasi solenne un timbro strano, variazioni ed intonazioni persuasive, nella dizione chiara ed espressiva.

 

Pasteur non nega né afferma: la sua coscienza gli nega di correr diritto contro la verità, impugnandola per la difesa ultima e disperata del suo club: ma egli cura la società che è sua, perché da lui composta, ma egli soffre dello sgretolamento di un edificio innalzato da lui pietra su pietra con la paziente ostinazione del certosino: egli verrebbe colpito in pieno nei suoi affetti, nei suoi ricordi, nella sua stessa vita di sportsman integro e intelligente da una ultima e più grave deliberazione che emessa dal consesso andasse a schiantare la vita del Genoa; perciò, pur rassegnandosi davanti ai fatti chiari e inconfondibili, tenta l’ultima salvezza.

 

<< Il Genoa non è colpevole – dice il Pasteur -. Vi sono degli uomini colpevoli che nulla hanno in comune col Consiglio Direttivo del Genoa, che non hanno mai rivestito cariche ufficiali, che non hanno mai avuto l’autorizzazione di cercare nel male palese e manifesto, l’effimero bene della società. Sono stati degli impulsivi e degli isolati. Il Genoa ha con la religione dei ricordi, il culto della correttezza sportiva, la difesa strenua d’un primato che vuol essere soprattutto d’ordine morale. Chi è venuto meno ai suoi doveri in un momento di aberrazione è già stato sufficientemente punito. Il Genoa deve uscire a testa alta e fiero della sua forza, anche da questa penosa e triste situazione, deve camminare su retta via non stornato da nessun clamore, non tentato da nessuna invidia. Il Genoa che ha sempre avuto deferenza e rispetto per la Federazione, dice ai delegati delle Società d’Italia: altri hanno mancato, punitemi pure se in coscienza mi trovate o giudicate colpevole. >>

 

L’assemblea è scossa e turbata. Parla ora Zaccaria Oberti dell’Andrea Doria, che dà chiare ed esaurienti spiegazioni nell’operato della sua società e demolisce con abile dialettica gli ultimi dubbi sui presunti motivi di rancori e vendette che avrebbero provocato l’intervento diretto e le accuse della ex-società dei tre giocatori colpiti. L’oratore finisce la sua efficace perorazione riandando nei ricordi lontani ed invitando il Genoa a ritornare alle balde, alle aspre competizioni del passato combattute con ardore, con tanto impeto gagliardo, sincero, fraterno. E rimpiange, con voce rotta dall’emozione, la sorte di due disgraziati giovani che egli ha visto crescere nella sua società attratti da un vano miraggio e dimentichi di tutto e di tutti.

 

<< Il Genoa – egli conclude – ha forze tali da saper agitare vittoriosa la propria bandiera senza ricorrere ad umilianti sotterfugi, a mezzi illeciti per togliere dal castello nemico il vessillo avversario e soppiantarvi il proprio. Il Genoa estirperà la mala pianta, si libererà dei tentacoli di chi, serrandosi attorno a lui per meglio difenderlo, lo soffoca e tornerà nei campi della battaglia, nemico cortese e leale. Le parole di Pasteur me ne danno tutto l’affidamento >>.

 

. . .   L’avvocato Bonino [il presidente dell’Assise], con ancora commosse parole, chiede all’assemblea clemenza per chi con dignità vera ha saputo e ha voluto affrontare il severo giudizio di un consesso, portando ad esso non le vane scuse, ma la verità dolorosa.

 

Così si conclude il breve dibattito e l’Assise, sciogliendo contestualmente il nodo, emette nella giornata stessa il comunicato:

 

<< L’assemblea straordinaria di Vercelli, udite le esaurienti spiegazioni date dalla presidenza federale e dalla Commissione d’inchiesta, plaude all’operato di entrambe ed approva incondizionatamente le deliberazioni prese dalla P.F. a carico del Genoa Club e dei giocatori Fresia, Sardi e Santamaria . . . e ritenendo non conforme allo statuto e al regolamento l’opera anche recentemente svolta dal Genoa specialmente in ordine ai fatti di professionismo, lo ammonisce confidando di non dover ricorrere in avvenire a provvedimenti più rigorosi a carico della società stessa. >>

 

Questo è stato l’ultimo atto di una vicenda intricata e anch’esso, come potete constatare, non pervaso dalla massima chiarezza.

 

Il Genoa era stato già multato in precedenza e Fresia sospeso.

 

Campo aperto a più raffinate indagini degli storici.

 

E voi lettori? Ce ne sono, di commenti da fare!

 

 

Vittorio Riccadonna

 

 







Questo Articolo proviene da Genoadomani
http://www.genoadomani.it

L'URL per questa storia è:
http://www.genoadomani.it/modules.php?name=News&file=article&sid=2961