Un racconto
Data: 23/05/2016 09.15
Argomento: dalla redazione





Seduto in disparte nella sala era un uomo anziano dagli occhi tristi. Il suo vestire rivelava l’usura del tempo; dalla sua figura, di aspetto sul declinare, emanava come una sorta di solitaria profonda mestizia.
Lo incontrai in un caffè di periferia, una sera di alcuni anni fa, sul tardi, e cominciammo a parlare.





Dicemmo del degrado delle bellezze della nostra valle, inghiottite man mano dal progresso.
Scoprimmo di provenire dal medesimo luogo.
Ricordammo l’avventura della squadra di calcio che portava quel nome, che fu gloriosa per un anno, e di come se ne siano persi i ricordi.
Seppe citare diversi giuocatori di allora.
Chiacchierando, mi venne da dire un episodio tornatomi alla mente.
In passato, il mondo era più ristretto. Anche la squadra di calcio era argomento di conversazione, in casa e per i negozi, fra le ragazze del paese, le quali di certe cose conoscevano tutto, e da loro persino io ragazzino avevo saputo un fatto romantico, vivisezionato più o meno pietosamente.
Si trattava dell’ala destra.
Il titolare del ruolo aveva fisico, era veloce, con un gioco lineare che puntava verso la porta. A un certo punto gli fu preferito un diverso giocatore, nero di capelli e di nome, dribblatore e fantasioso. Entrato in isquadra, costui fece la corte alla ragazza dell’altro e la conquistò. Così il primo perdette in un colpo solo il posto di titolare e la fidanzata.
Confessai che il nome di questo sfortunato giuocatore non lo ricordavo.
Me lo citò subito.
Ah, giusto, è vero, si chiamava proprio così – gli risposi.
Sono io, disse.



Vittorio Riccadonna








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