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l'opinione"La ragione dice: è la volta buona" di Nino Pirito
05/11/2004

Che sensazione di leggera follia…
Così cantava Lucio Battisti. Ed è questo sentimento che pervade il sottoscritto, quando si tratta di Genoa. Sempre. Anche oggi, forse oggi più che mai. E mi resta difficoltoso metterla da parte, anche quando svesto i panni del tifoso e indosso quelli del cronista.


Certo: da cronista devo, ogni volta, raggiungere uno stato d’equilibrio critico che mi permetta di osservare e raccontare le cose della squadra e della società con doveroso distacco. E, poiché mi hanno insegnato a dire anche che cosa di buono si ha dentro, proclamo chiaro e tondo che ritengo, ormai, dopo anni e anni di doppia personalità di arrivare allo stato d’equilibrio di cui sopra con… sufficiente facilità.
Eppure, spesso, capita che io sia frainteso, in positivo e in negativo. Più in negativo, per la verità. Soprattutto da chi – giustamente – mette al primo posto le ragioni del cuore. Il tifoso-tifoso deve andare dove lo porta il cuore, volare in alto per una vittoria e magari precipitare nell’abisso per una sconfitta. Ma al cronista ciò non è permesso. Anche se costa fatica e dà le vertigini camminare sul filo, questo il cronista deve fare: non lasciarsi trascinare dal sentimento ma almeno attenuarlo, mediarlo attraverso la ragione.
Ma è proprio la ragione, in questo momento storico, che spinge verso un ottimismo sensato.
I motivi sono molti. Cercherò adesso di metterli nero su bianco nel modo più chiaro e sintetico.
La ragione dice che, sì, stavolta è la volta buona. E che solo una follia collettiva di squadra e società non permetterebbe il ritorno nelle serie di competenza del Genoa. Di competenza non tanto agonistica – che questa è un’altra cosa – ma storica. E’ o non  è, il Genoa, la squadra più nobile e antica d’Italia? Se la risposta è sì, il Genoa deve stare lassù, tra le grandi, sempre.
Il problema è stato – da troppi lustri – quello di non avere, oltre al blasone, una squadra e una società all’altezza di quel blasone. E – dato, nel bene e nel male, ai presidenti che si sono succeduti quel che era dei presidenti - il Genoa ha navigato sostanzialmente a vista. A volte procedendo con sufficiente regolarità, più raramente veleggiando vento in poppa; ma quasi sempre bordeggiando, nel tentativo di non arenarsi in una secca o, peggio, di non speronare un iceberg che lo avrebbe affondato.
La ragione dice che è la volta buona. Perché la squadra costruita da Preziosi e De Canio è un’ottima squadra. Che Ser Cosmi sta valorizzando quanto, probabilmente, il suo predecessore non avrebbe saputo fare. Vai a vedere i reparti e – ormai è risaputo – trovi nomi e atleti che per la B sono sprecati. Il che non vorrebbe dire, automaticamente, che essi, da soli, avrebbero comunque raggiunto l’obbiettivo. Ma – non sembri poi così paradossale – ci sarebbero andati almeno vicini. Solo che lo avessero voluto. Ma i calciatori, si sa, sono eterni fanciulli. E hanno bisogno di un padre comprensivo e severo, dolce e burbero, generoso e capace di punire. Altrimenti si lasciano andare. Ed era proprio quello che stava accadendo con De Canio, lui nonostante.
La ragione dice che è la volta buona. Perché il presidente Preziosi – mille difetti magari, meno quello dell’indecisione – quel padre giusto per i “ragazzi” (i calciatori - nel lessico pallonaro -
restano ragazzi anche a quarant’anni) lo ha trovato e messo a capo della famiglia. Anche se, come Giuseppe, si è trattato, almeno all’inizio, di un padre putativo.
La ragione dice che è la volta buona. Perché quel padre, Ser Cosmi, da putativo è diventato padre vero in pochissimo tempo. Di quelli che non fanno figli e figliastri. Di quelli che se uno dei figli non risponde alle attese, non lo mortifica, ma lo mette in ogni modo nella condizione di ragionare su se stesso. Fuori di metafora: avremmo mai immaginato che Thiago, Gargo e lo stesso Cozza – indiscutibili sul piano tecnico – sarebbero rimasti fuori dalla squadra-base. No, non lo avremmo immaginato. Eppure è accaduto, perché doveva accadere. Quanto meno, per effetto del proverbio popolare “meglio un asino vivo che un cavallo morto”. I due difensori e il trequartista, che sono cavalli di razza, avranno tempo e modo di tornare utili: il campionato è lungo – si dice così, no? – e ci sarà spazio anche per loro.
La ragione dice che è la volta buona. Perché a centrocampo e in attacco si hanno tante soluzioni alternative che permettono – e permetteranno – al trainer di trovare sempre quella più giusta. Inamovibili (o quasi) Tedesco e Lazetic, Milito-Caccia o Milito-Makinwa o Milito-Stellone o Caccia-Stellone o Caccia-Makinwa sono coppie assortite che garantiscono, in ogni situazione, una prolificità assoluta. Ne è dimostrazione la quantità di reti che hanno messo a segno fino a questo momento. E se la difesa, a volte, ne prende qualcuna di troppo, è perché in un modulo caratterizzato da una spiccata propensione offensiva non potrebbe essere altrimenti.
La ragione dice che è la volta buona. Perché – ci si tocchi ciò che va toccato in questi casi – anche Monna Fortuna sembra finalmente essersi accorta del Genoa. Ma la fortuna non è cieca, magari è solo un po’ miope. Ed è disposta a darti una mano, se può. A patto, però, che la si aiuti a vederti.
E il Genoa, stavolta, si fa vedere. Eccome se si fa vedere.

Nino Pirito


 



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""La ragione dice: è la volta buona" di Nino Pirito" | 4 commenti
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Re:
di chiara80 il 07/11/2004 12.16

A me piace pensare che quello che ha differenziato, differenzia e differenzierà sempre il Genoano dall'essere semplice tifoso è la Fede. Come quella dimostrata da chi mai si è allontanato anche in tempi veramente difficili. Quando c'era veramente da aiutare il Grifone. Mi auguro anch'io che ritornino tutti ma veramente tutti perchè il Genoa di oggi lo merita dal Presidente all'allenatore a tutti i ragazzi, perchè uno stadio straripante di colori rossoblu da emozioni bellissime. Ma il famoso carro proprio tutti non potrà contenerli.. o no ?



Re:
di RABAX il 07/11/2004 11.08

E' vero all'appello ne mancano ancora tanti, ma spero che i genoani ancora "desaparecidos" via via si assotiglino. Stiano certi che gli accoglieremo con il sorriso senza badare troppo alla loro tenace ritrosia e lentezza nel percepire che ora qualcosa è davvero cambiato. Nessuna ironia sui famosi salti sul carro, anzi ben tornati a tutti, Vi aspettavamo. Detto questo vorrei però sottolineare come nella nostra città, notoriamente la città dei "maniman" in tanti "abbiamo abbassato la guardia" ed abbiamo scelto di coniugare senza remore il verbo della fiducia, dimenticando l'eccessiva prudenza e l'ossessiva cautela ed anche, detto con un sorriso, alla facciaccia di gufi e di ogni genere di scaramazie. Ci sarà pure un motivo per tanti "sbilanciamenti", non credo che in così tanti si sia andati tutti fuori di testa. Sappiamo anche bene che il percorso è ancora lungo e difficile (nessuno ti regala niente), che potremo incontrare, speriamo di no, ma, anche momenti difficili (succede nelle le migliori famiglie), ma la realta è che, ora, c'è fiducia. Una ragionevole fiducia come scrive Pirito, che deriva dalla consapevolezza che, finalmente, le cose sono state fatte con serietà ed impegno, tutte cose cose che pagano. E noi ogni domenica ce ne andiamo alla Cassa (pardon seguiamo la partita) a riscuotere, a goderci lo spettacolo, una rappresentazione di cui,oramai, se ne intuisce la conclusione. Ecco la grande differenza rispetto ad ieri: non ci si fa più scrupolo, non solo di pensarlo, ma neppure di dirlo e senza temere, sotto sotto, che maniman........





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