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l'opinione“La genoanità” di Guido Martinelli
25/11/2004


Purtroppo per ragioni anagrafiche, ho calcato campi di mezza Italia e forse più. Posso dire di non aver mai incontrato un pubblico come quello rossoblù: si badi bene, non in termini di caciara o di folclore... Questi sono aspetti secondari del tifo, riscontrabili in svariate sfaccettature in molti tifosi; ma in termini di sentimento che, nel popolo rossoblù, raggiunge il diapason.
In una parola questa è la “genoanità”.


Ma riesce difficile ridurre a semplici vocaboli una sensazione vivibile, riscontrabile, a volte assorbibile per osmosi, soltanto da chi è presente sul campo e la vive direttamente.
In altri termini, non si può spiegare per parole ciò che significa essere genoano.
Non è semplice tifo, sarebbe riduttivo; Non e’ un vezzo...E’ probabilmente una ‘miscellanea’ di tante cose, come il morboso attaccamento ad un mito, il rispetto della tradizione, il vincolo alla propria terra e alle proprie origini: un qualcosa di molto simile -mi si perdoni l’irriverente paragone- al patriottismo dei nostri carbonari nei moti del ’48.

Non si vedrà mai un genoano ostentare la propria simpatia nei facili momenti di gloria, per poi occultarla nei momenti tristi della disgrazia; anzi,  è più facile che un genoano mostri il proprio orgoglio nei momenti peggiori.
Avente mai sentito affermare da un genoano che le sue squadre del cuore sono , prima la tale, seconda la talaltra e, per finire, in serie A, la tal dei tali? Per il genoano esiste solo il Genoa, giocasse anche in serie C ,come già una volta disgraziatamente accadde.

Non si sentirà mai un genoano affermare alla domenica: “Vado al campo a vedere la partita”...Si sentirà,invece,  dallo stesso affermare: “ Vado a vedere il Genoa”, come a dire che l’oggetto e la mèta dell’impegno domenicale è il Genoa, indipendentemente dall’avversario di turno che talvolta è addirittura sconosciuto fino all’ultimo.

Un genoano non è un amante del gioco, è solo un genoano. Perciò se nel tempio di Marassi si disputasse Benfica - Real Madrid e sul greto del Bisagno contemporaneamente si fronteggiassero Genoa e Pro Figaro, il genoano non avrebbe dubbi, sceglierebbe la seconda situazione.
Il genoano non è uno spettatore da teatro. Non aspetta il cartellone per avvicinarsi al palcoscenico. Va a botta sicura, sapendo che in intanto quella speciale recita verrà attuata dall’attore preferito, che si chiama Genoa.
Il genoano vuole solo vedere vincere. Non importa se con bel gioco o meritatamente. La vittoria del Genoa è per lui una rivincita, un’occasione per rialzare la testa, la circostanza per essere orgoglioso. Non si spiegherebbe perché nel campionato 1970/71 il Genoa in serie C raccolse un grande consenso popolare come forse non mai.

Ricordate il povero Enzo Tortora? Era solito rappresentare il Genoa nei periodi più bui e tetri della storia rossoblù. Diceva spesso: ”Sapeste com’è duro essere presi in giro da quelli che non ti perdonano le sconfitte...”. Ma mostrava l’orgoglio di essere genoano in un momento cosi triste.

Quando si vuole bene ad una persona, le ci si stringe intorno ancora con maggior affetto quando essa sta poco bene o quando cade in disgrazia. Per questo ritengo che tanti anni di stenti e di malessere abbiano rinforzato ancora di più il sentimento dei tifosi, un po’ come la rabbia espressa dalla minoranza politica quando per anni è costretta a subire da parte di una maggioranza invisa e disprezzata.

La “genoanità” è una caratteristica unica ed intoccabile. E’ il patrimonio più grande che il Genoa-società possa vantare in capo ai suoi tifosi unici.

Guido Martinelli



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"“La genoanità” di Guido Martinelli" | 9 commenti
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Re: “La genoanità” di Guido Martinelli
di amico_fragile il 27/11/2004 00.31

Grazie Mr_Beans...troppo buono. Non dare retta a Ruttolibero circa la lunghezza dei messaggi. Lui i post lunghi li sa fare solo sotto effetto di sostanze stupefacenti...immaginando romanzi di fantascienza...ah, ah, ah.. Ho letto quello che avete scritto tutti voi. E' vero, la genoanità può essere vissuta in tanti modi e anche le definizioni di questa parola possono essere soggettive. Qualcuno è a volte portato a fare classifiche di genoanità, ma ci si deve rendere conto che questo sarebbe ingiusto ed ingeneroso. I ragazzi dell'OB, per esempio, vivono il loro modo di essere genoani in un certo modo, calati nella mentalità ultrà; ma ho dovuto spesso constatare che ci sono genoani, magari in giacca e cravatta, che sono molto meno equilibrati. Ci sono genoani che mai e poi mai rinuncerebbero alla partita dal vivo, ma poi non sanno far altro che insultare i giocatori al primo passaggio sbagliato (una volta mi è persino toccato assistere ad un allenamento a Pegli con uno a fianco che bestemmiava nel corso di una partitella...!) . Ci sono genoani che da tempo hanno smesso di andare allo stadio, ma sanno sempre portare il "verbo" genoano in giro per l'Italia e per il mondo (e anche questa è un'azione meritoria)...e poi ci siamo noi, nel nostro piccolo, writer o ultras da tastiera di tanti siti genoani, che scriviamo tante belinate, ma teniamo vive le discussioni sul Grifo, giorno per giorno. Il Genoa ha vissuto per più di un secolo senza il nostro contributo, ma oggi come oggi l'Arcipelago internettiano rossoblu è una realtà che contribuisce a testimoniare la nostra fede. Non vorrei essere troppo blasfemo, ma mi viene da dire che le vie della genoanità, se non sono infinite, sono perlomeno molteplici. Fermo restando che in certi caratteri comuni, ampiamente descritti, ci dovremmo un po' tutti riconoscere. WE ARE GENOA !!!





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